In Verità

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mercoledì 29 maggio 2013

ITALIANI IDIOTI! TUTTA COLPA DEL DERBY?



Dopo le amministrative il Pd si sente “risorto”, anche se si omette di ricordare che da vent’anni a questa parte raramente la sinistra non ha ottenuto risultati nelle realtà territoriali: le compagini progressiste fanno sempre più o meno bene nelle tornate amministrative e regionali, ma quasi mai riescono a governare il paese… e se accade si trovano a farlo con margini ridottissimi di maggioranza che rendono precari e risicati tutti gli esecutivi di sinistra – sino ad assistere all’odierno mostro politico che ha preso il nome di “governo Letta”. Questa entità ectoplasmatica e incolore che ha al suo interno di tutto e di più, una sorta di inceneritore di idee e prospettive mandate al macero per esser masticate e risputate dalle mascelle ricattatorie di Berlusconi&Co.  Questa anomalia si spiega con la legge elettorale vigente che tutti fanno finta di non volere ma che resta sempre e comunque vergognosamente al suo posto.
Il “porcellum” in Italia è un po’ come la promessa della “Sanità Pubblica” dei Democratici negli Usa, un ottimo strumento elettorale: tutti i candidati Presidenti democratici giocano questa carta per ottenere voti nonostante sia risaputo che le lobbie assicurative non potranno mai esser sconfitte; da noi è la cosa è addirittura trasversale: tutti promettono di impegnarsi, una volta eletti, a riformare la legge elettorale, artificio diabolico che non può, per forza di cose, essere il prodotto dei due neuroni - di cui uno e mezzo in vacanza - di Calderoli, ma alla fin della fiera nessuno ci mette mano.  Ora si è pensato di ritoccarla, ma tranquilli… è solo un lifting che non ne altera la sostanza di “porcata” – così fu definita dal suo sedicente ideatore in un momento di miracolata lucidità, forse si prese la briga di leggere quello che aveva firmato, ma dopo questo sforzo immane di lui si sono perse le tracce. Leggenda narra che viva ai piedi della sorgente del Po’ con addosso solo t-shirt anti islamiche.
La destra su base territoriale non ha quasi mai ottimi riscontri ma la festa della resurrezione della sinistra non poteva esser guastata dalla verità, così come in poco conto è stato tenuto l’unico dato certo: una percentuale preoccupante di astensionismo che indica il definitivo distacco dei cittadini dalla politica. Vedere l’insalata Letta preparata con gli avanzi di tutti i partiti è stata botta troppo forte per lo stomaco degli italiani che hanno avuto una inevitabile crisi di rigetto. Ma anche qui  si è preferito glissare, è stato notato ma non sottolineato… meglio così: sarebbe stato sconveniente affermare che la delusione è generale, che sono stati traditi i mandati elettorali, le idee, i contenuti, le possibilità reali di riforme e di cambiamento del Paese. E mentre Alemanno sbrocca alla grande dichiarando che a causa della finale di Coppa Italia Roma-Lazio un romano su due non è andato a votare, dichiarazione che qualsiasi essere umano – premessa che lo esclude radicalmente e senza appello -   neanche sotto effetto di acidi immaginerebbe di fare, Grillo se la prende direttamente con gli elettori, affermando che non hanno capito niente, che hanno preferito il passato al cambiamento e che con questo atto hanno definitivamente condannato l’Italia. In talleri, per Grillo tutti sono venduti o idioti: i politici ladri – e fin qui potrebbe anche starci – le istituzioni corrotte, i partiti corrotti e conniventi ed ora anche gli italiani idioti, conclusioni che dovrebbero spingerlo a presentarsi come capo di stato a San Marino. Ma Grillo non si ferma qui: intasa il suo Blog e il sito del Movimento di dati statistici del passato che, confrontati con gli odierni, dimostrano quanto la politica tradizionale abbia perso terreno, quanto il suo movimento abbia acquistato consenso (cosa ovvia, visto che rispetto alle altre amministrative neanche esisteva), ma soprattutto quanto somiglia a quel Berlusconi che da Vespa portava fogli volanti e torte affettate in blu tese a dimostrare quanto lui e Forza Italia erano amati in Italia; infatti Silvio non è protetto dalla scorta per timore di esser linciato… ma solo perché in lui sono redivivi i Beatles e tutti vogliono toccarlo, osannarlo, avere “l’unica ciocca ben distribuita” dei suoi capelli… e se viene appresso tutto lo scalpo… meglio! è tutto grasso che cola!
Caro Beppe, comincia tu a non somigliare al passato sparando numeri e cifre solo per apparire vittima del sistema, perché anche qui cominci a somigliare a Silvio che comanda in Italia da vent’anni dichiarando da sempre di essere perseguitato dalla magistratura, una vittima del demonio giudiziario.

Sii onesto e ammetti che non ne hai imbroccata una, che vi siete incartati, che l’occasione per cambiare corso in questo paese l’avete avuta e non l’avete voluta cogliere, che se foste stati meno “radicali” e “ottusi” i risultati di queste amministrative sarebbero stati diversi, che al ballottaggio con la sinistra ci potevate stare voi con un’affluenza al voto rinata e rinnovata, perché ci sarebbe stata più fiducia nella politica di questo paese, perché le istanze degli elettori sarebbero state rispettate e non deluse e vergognosamente “re-impastate”. Immaginare uno scenario nuovo e possibile forse vi ha spaventato, forse vi siete sentiti eccessivamente responsabilizzati e tutto questo vi ha colto impreparati, ma questa è la realtà dei fatti: se aveste accettato quella proposta di governo ora tutto sarebbe diverso, non avreste smesso di crescere, i consensi sarebbero saliti, l’opportunità di cambiamento sarebbe stata concreta e avreste spazzato via non la destra ma Berlusconi, facendo un piacere enorme alla credibilità del Paese. Ora – rassegnatevi - siete una forza politica come le altre, né più, né meno, avete deluso arroccandovi nella boria di una presunta ma non dimostrata superiorità e adesso apparite esattamente come gli altri. Non è una macchinazione, non siete vittime del sistema o del fango dei mezzi di comunicazione, che di certo non vi amano, avete fatto tutto da soli.  

giovedì 23 maggio 2013

LE DERIVE DELL’INCONTINENTE


Stiamo sperimentando uno spicchio di storia particolarmente acre, anche estremamente banale. E siccome dobbiamo essere sempre originali sino al ridicolo, in questo paese il tutto si amplifica per un semplice motivo: la complessa congiuntura economica che ha messo in crisi il capitalismo moderno si è incrociata con una serie di interessi personali, giudiziari ed economici dell’attore principale della farsa politica del paese, portando il cosiddetto “conflitto di interessi” a livelli parossistici. Se il soggetto in questione – Silvio Berlusconi – fosse stato isolato o arginato in passato forse questa fase storica sarebbe risultata meno drammatica, di certo non ostacolata da paralizzanti quanto imbarazzanti episodi di politica ad personam trasversali (fiction proposta nelle vite degli italiani per vent’anni rispetto alla quale Lost è vita vera).
Ora, extra moenia, il valore di Berlusconi ha lo stesso corso che potrebbe avere una banconota del Monopoli: in sede europea ha la credibilità di un esibizionista ai giardini pubblici, in quella mondiale è da sempre considerato ridicolo – persino da Bush figlio ed è tutto dire -, eppure in Italia non solo ancora si dibatte sulla “presentabilità” del cavaliere ma addirittura fa scuola, ha dato vita ad uno stile. Bisogna dire che il soggetto oramai ha rinunciato ad ogni tentativo di credibilità politica da tempo anche se ha una claque estesa ed efficace sempre pronta a lavorare di cesello ogniqualvolta spara o commette qualche puttanata. Insomma c’è chi lavora per lui… sempre. Da Feltri a Ferrara passando per Sallusti e Belpietro (quello che si inventa agguati notturni per apparire un giornalista scomodo; troppe pretese… dovrebbe sudare sette camice già solo per apparire un giornalista), tutti lavorano di fino per coprire le sortite ridicole di quello che possiamo tranquillamente definire “un ricchissimo disadattato”. La cosa acquisterebbe un sapore di eccentrica frontiera se parlassimo di Howard Hughes ma  - ahinoi –  non è così.
Ora l’azione del disadattato è concentrata tutta sulla sopravvivenza e il tentacolare lavoro di vent’anni deve servire allo scopo: tutte le trame di interessi, di connivenze, devono produrre la sua salvezza e lui non vuole sentir ragioni. Berlusconi vuole uscire pulito da tutto come il culetto di un bambino, e già da tempo l’uso di pannoloni lo prepara al ritorno all’età dell’innocenza. La regressione è oramai in fase avanzata ed inarrestabile, lo notiamo ad ogni affermazione, atto o dichiarazione. Persino chi lo sostiene non gli crede – e in tempi recenti ma già archiviati auspicava il suo ritiro -, ma ha troppi favori da restituire quindi si presta alle sue pantomime, alle sue farse in piazza, anche se è il ministro degli interni, anche se è all’opposizione, anche se è Violante o la Finocchiaro. Tutti devono qualcosa in modo diretto o indiretto a colui che ha monopolizzato “tragicomicamente” la storia recente di questo Paese: sia chi è campato o si è affermato grazie a lui ma anche chi si è fatto una posizione opponendovisi, concentrando i tutti i suoi argomenti sull’antiberlusconismo. E così Silvio ancora oggi può permettersi di dettare l’agenda di governo, di imporre a quest’ultimo e al paese figure che dovrebbero evitare persino di guardarsi allo specchio: Palma, Scilipoti, Roberto Formigoni, Antonio Razzi e Renata Polverini. Può permettersi di affermare che la sua vicenda giudiziaria è paragonabile a quella di Enzo Tortora, dichiarazione pubblica che ha sfacciatamente negato solo due giorni dopo ed ora già finita nel dimenticatoio mediatico, e tutto questo gli viene permesso con una nonchalance che ha davvero dello sconcertante.
Ma un disadattato che tenta coi suoi mezzi di difendersi è comprensibile, tutti vogliono salvarsi in qualche modo, non gli si può negare il diritto – seppur ridicolo – di difendersi; meno comprensibile è la strada spianata dall’opinione pubblica, da tutta la classe politica, dalle reti televisive e dalle testate giornalistiche; ora tutto è in discesa per quello che si dava per spacciato solo sei mesi fa e che adesso rappresenta l’ago della bilancia del governo Letta. Persino la condanna in appello a quattro anni e l’interdizione dai pubblici uffici per il processo Mediaset rappresenta un problema per tutti: perché il disadattato può far cadere il governo se non accontentato, se minacciato, bisogna andargli incontro, non farlo innervosire, non condannarlo. E’ imperativo adesso che Berlusconi sia  un argomento di secondo piano, che le sue vicende giudiziarie vadano edulcorate e minimizzate, e insistere sulla sua assoluta “improponibilità” – perché ineleggibilità è riduttivo – è solo segno di ossessivo antiberlusconismo.  In effetti io sono un malato, un ossessivo compulsivo, il problema è mio e di  qualche decina di milioni di italiani fissati, che pensano che quest’uomo ha reso l’Italia un postribolo tentacolare di intrecci mefitici, che si indignano quando leggono su giornali “venduti” che non ci sono prove per il processo Ruby, perché sa che le prostitute minorenni entrate illegalmente in Italia difficilmente rilasciano regolare fattura per le loro prestazioni, che vede con limpida e accecante chiarezza tutto quello che ora tutti fanno finta di ignorare, di minimizzare. Faccio parte di una fetta corposa di popolazione delusa – definita populista – che sente dichiarare da Violante che Berlusconi è ancora eleggibile, quando una sentenza in appello lo interdice dai pubblici uffici, perché Violante sa meglio di noi, meglio di tutti, cosa quest’uomo ha provocato e provoca al paese, che ora è in grado di mantenerlo in ostaggio, di congelarlo, di impedirgli – solo per la difesa dei suoi interessi – di crescere e uscire dalla crisi. Tutti i tesserati del Partito Democratico coinvolti nel governo Letta sanno meglio di me con chi hanno a che fare, che non arriveranno mai ad una legge elettorale, alla soluzione di qualsivoglia problema con questo governo.
In fondo ha ragione Grillo quando dichiara che nonostante tutti i suoi soldi Berlusconi fa una vita da schifo… è vero, ma da populista ossessivo compulsivo mi incazzo un tantino nel notare che questa vita da schifo si sia intrecciata sino a confondersi con  quella del Paese, che è endemica e contagiosa, che dobbiamo pagare tutti affinché un disadattato si salvi, o provi a farlo. La storia ha già emesso il suo giudizio, e se Berlusconi voleva passare alla storia ci è riuscito, nel modo peggiore e più ridicolo possibile - io preferirei l’anonimato più assoluto al suo posto - ma ci è riuscito, ma che siano tutti complici di questo sfascio senza precedenti ha davvero dell’indecente.  


domenica 19 maggio 2013

SANT' HOLLANDE?



Giovedì scorso davanti a quattrocento giornalisti il presidente francese François Hollande stila il bilancio del primo anno di governo. Un anno difficile che vede – nonostante le speciali proroghe europee concesse all’Eliseo sul debito pubblico – avvicinarsi il rischio di default. Senza stupire tutti – forse solo i tedeschi - Hollande auspica in quattro punti il realizzarsi completo dell’unione politica dell’Europa entro il 2015. Insomma Hollande si ricorda  (chissà perché proprio adesso ) di essere un socialista di stampo europeista e prevede innanzi tutto l’elezione di un presidente unico europeo, un fisco comune, lo stanziamento immediato – e non nel 2014 – di 6 miliardi di euro per l’occupazione, una politica energetica, un bilancio e un debito unico.
Bisogna dire subito che un francese quando ha velleità e aspirazioni sovranazionali queste ultime si possono spiegare solo in due modi: o è in difficoltà e teme la catastrofe o… è Napoleone. Escludendo la seconda ipotesi Hollande ha intuito – meglio tardi che mai – che l’Europa non esiste e in extremis vuole salvare capre e cavoli. Questo progetto del presidente francese ha trovato subito l’appoggio dei paesi con debiti maggiori, tra cui ovviamente l’Italia – anche se Letta può al massimo simpatizzare, perché troppo impegnato a dirigere quell’istituto di cura che si ostina a chiamare governo, frequentato da personaggi grotteschi i cui interessi personali e di parte li alienano da qualsiasi argomento serio e degno di attenzione, figuriamoci il futuro e la stabilità di 300 milioni di persone.
Tre sono i grandi ostacoli di questa proposta: il primo è la Germania, che dal debito dei paesi della Ue trae enormi profitti, crescita su base speculativa e prestigio internazionale. Il Regno Unito che cerca solo un pretesto per allontanarsi definitivamente da qualsivoglia progetto unitario, ed infine il ritardo storico che rende questa iniziativa francese bella ma improponibile quanto anacronistica in questo momento… visti gli interessi economici in gioco. Detto in talleri: se questo non si è realizzato quando l’idea di Europa era ancora ottimistica e piena di prospettive, assurdo farlo adesso quando  il governo europeo è diventato un carrozzone burocratico, dispensatore di direttive folli, una macchina impazzita ed ingovernabile che brucia soldi per imbastir improbabili pezze su voragini acquistando la propria moneta a tassi altissimi da istituti di credito privati.   
Ed è qui  che entra in gioco il nazionalismo francese, solo in apparenza in modo surrettizio:  Hollande lancia la sua proposta, che di certo ha fatto innervosire la Merkel, a ridosso delle prossime elezioni tedesche del 22 settembre, e sappiamo che la cancelliera non se la cava tanto bene sul fronte interno – infatti non solo dovrà vedersela con Rainer Brüderle del FPD e Peer Steinbrück (SPD), ma anche col partito antieuropeista di Bernd Lucke che secondo le previsioni può toccare punte di consenso del 20%. Quindi, con ogni probabilità, la monolitica Germania uscirà indebolita e sbilanciata dalle prossimi elezioni federali, occasione ghiottissima - per tentare un avvicendamento e un sorpasso come paese guida del continente- per la seconda nazione più forte d’Europa, la quale conta su risorse interne valide e una politica energetica più solida e indipendente.
La Francia, quindi, gioca di rimessa, valutando e utilizzando i punti deboli della sua unica competitor  in campo europeo, sfruttando oltretutto l’antipatia generale che i teutonici si sono “facilmente” guadagnati in questi anni. E se la cosa dovesse riuscire il governo dell’ Eliseo apparirebbe anche come un’alternativa di respiro contro la severa austerità dettata e imposta dalla Merkel. Insomma persino la Francia sembra più simpatica dei Germania, e questo è l’unico dato di fatto. 

giovedì 9 maggio 2013

I FURBI E I FESSI



Nel suo “Codice della vita italiana” Prezzolini scriveva: “I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.” E’ molto facile dedurre che questa considerazione è uno dei collanti nazionali, una delle poche caratteristiche che ci unisce, anche grazie alla continua e centrifuga relazione dei due soggetti, perché i fessi ambiscono alla furbizia mentre i furbi sono capaci di qualunque cosa pur di non passare per fessi.
E’ in  questo meccanismo d’unità nazionale che si inserisce la longeva e controversa figura di Giulio Andreotti.  
Da anni il giudizio comune sul politico scomparso tre giorni fa è stato sempre lo stesso, e ce lo siamo sentiti dire in tutte le salse: “sicuramente non ha la coscienza pulita ma di certo è uno sa tutto e che sa il fatto suo.” Potevi parlare con uno di destra o di sinistra, al bar, nella sede di un partito o in palestra, ma ogni volta che si toccava l’argomento Andreotti questa era la risposta. Insomma i fessi ammiravano e rispettavano la “cosiddetta” furbizia, ben incarnata e sintetizzata in una figura politica rivestita – secondo l’opinione comune - da un’aura composta in parti uguali da machiavellismo di provincia e mistero di convenienza . Persino l’efficace ed iper-realista film di Sorrentino indirettamente celebra e affresca questa visione oscura che col sedimentarsi del tempo ha assunto aspetti grotteschi da “maledizione del faraone” o da “segreti delle piramidi”. Inutile dire quanto questa opinione – una volta diffusa e consolidata negli anni -  possa fare il gioco dei furbi e dei potenti.
Quanto amiamo i furbi, in fondo li ammiriamo, e ne siamo anche invidiosi. Il potere è sempre affascinante e con un pizzico di mistero e una spolverata di segreti di stato diventa intoccabile, ci si rassegna a tenerselo, a subirlo come inevitabile, sembra l’unica alternativa quasi per “Ragion di Stato”.
Ecco la vera arma di quel periodo: “La Ragion di Stato”! Il grande alibi, la risposta a tutti i misteri, a tutte le domande. La Ragion di Stato è stato il grande tendone che ricopriva dalle intemperie il tragico circo di quegli anni. In nome della ragion di stato si sono coperte stragi, progettati golpe pronti a scattare nel caso in cui la recita della democrazia repubblicana perdesse colpi. In nome della ragion di stato venivano eliminate o messe a tacere voci fuori dal coro, strumentalizzati e veicolati movimenti criminali e sovversivi, si facevano patti elettorali e non con  “cosa nostra” – anche se la mafia per lo stato non esisteva -, in nome della ragion di stato la democrazia era una maschera, la repubblica una farsa, e la Dc un muro pseudo ideologico che ci divideva dall’est e che è inevitabilmente crollato dopo il 1989 quando non serviva più.  Di misteri non ce ne sono, i misteri non esistono, tutto è chiaro, lo è sempre stato. Ciò che veramente fa rabbia non sono i misteri, questa è propaganda per distrarre che ancora funziona, ma sono le morti che non hanno avuto giustizia: i cadaveri galleggianti di Ustica, persone morte perché aspettavano un treno o ascoltavano un comizio in piazza, la cancellazione di una nuova opportunità di cambiamento e riforme del Paese con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro nel 1978, i favoreggiamenti diretti ed indiretti a logge massoniche implicate con la finanza inquinata, con la criminalità organizzata, l’aver paralizzato il processo di emancipazione e liberazione della vita politica dalle mafie  con le stragi di Capaci e Via d’Amelio. Questo davvero fa rabbia.
Ora una domanda resta, una domanda la cui risposta è nella vita politica contemporanea. Quale eredità abbiamo ricevuto grazie al grande alibi della “Ragion di Stato?” Difficile parlare di eredità quando si è rimasti orfani, quando in nome della “ragion di stato” tutti i grandi promotori del cambiamento sono scomparsi: abbiamo delle statue, delle targhe, l’Italia è un cimitero degli ideali e del cambiamento. Un Verano delle belle intenzioni. Dov’è Moro e la sua scorta? Falcone, Francesca Morvillo, Borsellino e le loro scorte? Dove sono Pecorelli, Impastato, Walter Tobagi e Pino Puglisi? Dove sono Luigi Calabresi, Ambrosoli e il generale Dalla Chiesa? Sono rimasti i furbi, evidentemente ce li meritiamo, campano anche Tanto.  

venerdì 3 maggio 2013

VICEMINISTRO DE LUCA? E' PRONTO UN PACCO.


Caro Vincenzo de Luca, congratulazioni per la carica a viceministro per le infrastrutture e trasporti. Sarà il secondo di Lupi; quello stesso Maurizio Lupi che in una lettera aperta – scritta a due mani con Formigoni - chiese a tutti i cattolici italiani di sospendere ogni giudizio morale nei confronti di Silvio Berlusconi, indagato dalla procura di Milano per concussione e prostituzione minorile. Come dire, un novello Saulo testimone fervente  e appassionato del messia dell’Olgiata.
Azzardo con rammarico una previsione: mi dispiace sostenere che questo incarico chiuderà definitivamente la sua carriera politica. Onestamente non ho mai avuto un debole per lei, tranne un minimo per i primi due incarichi…, perché in fondo lei sta alla sinistra e al progressismo come   Biscardi sta all’ Accademia della Crusca, ma possiede una dote che ho sempre ammirato: lei va a testa bassa come un treno, si arma di ragioni, anche inverosimili a volte,  e come un Savonarola vestito da Fra Cristoforo con momenti di grezza anarchia, punta  dita, inveisce, anatemizza risoluto con la convinzione di non farsi mai influenzare. Questa dote è imperdonabile a Roma, e Roma fa solo finta di dimenticare. Caro viceministro, Roma è una città fondata su un fratricidio e ne ha fatte di vittime, anche più illustri di lei – anche se lo troverà assurdo -, in nome dello spirito di servizio e del “cosiddetto” bene del Paese. Si possono dire tante cose, tranne che è si è prestato a dinamiche da seconda repubblica (il minuscolo è moralmente doveroso) e adesso si trova coinvolto al realizzarsi suo acme? La cosa non l’ha insospettita? O crede che il governo sia Salerno?   Che il consenso e le invettive spaventino e rimettano in riga il bizantinismo più radicato d’occidente? L’Italia è un paese strano, non ama i suoi eroi o i suoi rivoluzionari sino a quando non superano la prova del martirio, altrimenti vengono chiusi e dimenticati nello sgabuzzino della vergogna. I martiri sono più comodi e gestibili. Un rivoluzionario in attività è sempre fastidioso, crea problemi e disturbi, un martire è bello fermo (spesso sotto forma di statua o targa), lo si onora e commemora, lo si piange… ma – diciamolo una buona volta - non rompe più le palle… ed è allo stesso tempo un esempio e un monito per le generazioni future: un esempio di integrità civile e morale da imitare e un monito per scoraggiare chi vuole mettersi in testa di cambiare le cose – i martiri "per definizione" non fanno una bella fine e per questo sono una splendida invenzione del potere.
C’è da dire che dopo anni di anatemi e condanne contro i doppi incarichi ora è lei a trovarsi in un palese “conflitto di interessi” che spero sappia gestire e risolvere con la stessa risolutezza e convinzione mostrate nel denigrarlo pubblicamente. Ma di certo sarà così, no? Infrastrutture e Trasporti… vedendo la situazione dei trasporti in Campania non è che si può dire che sia stata una priorità assoluta dei suoi mandati, per le infrastrutture… se escludiamo opere di “embellissement” notevoli – anche costosissime visto che Salerno è forse il comune più indebitato d’Europa -, di certo non possiamo definirle propriamente “infrastrutturali”… mi insegna che c’è un’ abissale differenza tra il Piano Patte e l’Haussmanizzazione; e Parigi – che io sappia – credo che persino durante il Secondo Impero fosse un tantinello più estesa di Salerno.