Giovedì
scorso davanti a quattrocento giornalisti il presidente francese François
Hollande stila il bilancio del primo anno di governo. Un anno difficile che
vede – nonostante le speciali proroghe europee concesse all’Eliseo sul debito
pubblico – avvicinarsi il rischio di default. Senza stupire tutti – forse solo
i tedeschi - Hollande auspica in quattro punti il realizzarsi completo dell’unione
politica dell’Europa entro il 2015. Insomma Hollande si ricorda (chissà perché proprio adesso ) di essere un
socialista di stampo europeista e prevede innanzi tutto l’elezione di un
presidente unico europeo, un fisco comune, lo stanziamento immediato – e non
nel 2014 – di 6 miliardi di euro per l’occupazione, una politica energetica, un
bilancio e un debito unico.
Bisogna
dire subito che un francese quando ha velleità e aspirazioni sovranazionali
queste ultime si possono spiegare solo in due modi: o è in difficoltà e teme la
catastrofe o… è Napoleone. Escludendo la seconda ipotesi Hollande ha intuito –
meglio tardi che mai – che l’Europa non esiste e in extremis vuole salvare
capre e cavoli. Questo progetto del presidente francese ha trovato subito l’appoggio
dei paesi con debiti maggiori, tra cui ovviamente l’Italia – anche se Letta può
al massimo simpatizzare, perché troppo impegnato a dirigere quell’istituto di
cura che si ostina a chiamare governo, frequentato da personaggi grotteschi i
cui interessi personali e di parte li alienano da qualsiasi argomento serio e
degno di attenzione, figuriamoci il futuro e la stabilità di 300 milioni di
persone.
Tre
sono i grandi ostacoli di questa proposta: il primo è la Germania, che dal
debito dei paesi della Ue trae enormi profitti, crescita su base speculativa e
prestigio internazionale. Il Regno Unito che cerca solo un pretesto per
allontanarsi definitivamente da qualsivoglia progetto unitario, ed infine il
ritardo storico che rende questa iniziativa francese bella ma improponibile
quanto anacronistica in questo momento… visti gli interessi economici in gioco.
Detto in talleri: se questo non si è realizzato quando l’idea di Europa era
ancora ottimistica e piena di prospettive, assurdo farlo adesso quando il governo europeo è diventato un carrozzone
burocratico, dispensatore di direttive folli, una macchina impazzita ed
ingovernabile che brucia soldi per imbastir improbabili pezze su voragini
acquistando la propria moneta a tassi altissimi da istituti di credito privati.
Ed
è qui che entra in gioco il nazionalismo
francese, solo in apparenza in modo surrettizio: Hollande lancia la sua proposta, che di certo
ha fatto innervosire la Merkel, a ridosso delle prossime elezioni tedesche del
22 settembre, e sappiamo che la cancelliera non se la cava tanto bene sul
fronte interno – infatti non solo dovrà vedersela con Rainer Brüderle del FPD e
Peer Steinbrück (SPD), ma anche col partito antieuropeista di Bernd Lucke che
secondo le previsioni può toccare punte di consenso del 20%. Quindi, con ogni
probabilità, la monolitica Germania uscirà indebolita e sbilanciata dalle
prossimi elezioni federali, occasione ghiottissima - per tentare un
avvicendamento e un sorpasso come paese guida del continente- per la seconda
nazione più forte d’Europa, la quale conta su risorse interne valide e una
politica energetica più solida e indipendente.
La
Francia, quindi, gioca di rimessa, valutando e utilizzando i punti deboli della
sua unica competitor in campo europeo,
sfruttando oltretutto l’antipatia generale che i teutonici si sono “facilmente”
guadagnati in questi anni. E se la cosa dovesse riuscire il governo dell’
Eliseo apparirebbe anche come un’alternativa di respiro contro la severa
austerità dettata e imposta dalla Merkel. Insomma persino la Francia sembra più
simpatica dei Germania, e questo è l’unico dato di fatto.
Nessun commento:
Posta un commento