Tra
le braccia della narrazione c’è sempre addormentata una menzogna; ha mani
piccole e occhi immensi, avvolta in un drappo ondulato di ciniglia e torpore. Così
il piacere che non si nasconde percorre il corpo come la veste di una zingara
dalle unghie porpora e i piedi nudi di vigna… e tutto tace nell’istante in cui un
cencio di lino candido, come una veronica, ne imprigiona le forme. Tira fuori
la lingua e sorride avvolta in una bruma di falò scintillanti e cani randagi.
Galatea
si assopisce in una caverna con un mostro a tre teste: nel labirinto di rocce
disegna in sogno il letto del fiume dove scorrerà il sangue di Aci: vedrà e darà
vita nel medesimo istante ad ogni sua insenatura, ad ogni sua arteria, ad ogni
suo singolo e impercettibile fiotto d’acqua. Vedrà il trapassare di tutte le stagioni
e l’addolcirsi di ogni pietra nel tempo. Immaginerà ogni filo d’erba alle sue
rive e conoscerà tutte le labbra che si disseteranno del suo amore. Conoscerà
il numero di tutte le gocce di pioggia che lo invaderanno, sentirà il pulsare
di ogni minuscola vita che lo abiterà, il peso di ogni passo che lo attraverserà, percepirà
l’umido di ogni corpo che ne troverà refrigerio e riposo: ne conoscerà le vite,
i dolori, le vicissitudini, i legami ad ogni altra esistenza e così via sino
all’incommensurabilità onirica del sentire e del conoscere. Finché il suo
torpore durerà ne sarà sempre sorgente e creatrice, di continuo gravida e
genitrice. La Nereide
bianca sarà sempre dea nel sogno e prigioniera in una eterna realtà. Ad ogni
accenno di risveglio stringe gli occhi sino a sanguinarne per prolungare il suo
sonno portando le braccia candide al viso come una neonata: in vita per il suo
sogno, in attesa sino alla fine di ogni tempo, di ogni storia, sino al
concludersi di ogni vita e di ogni memoria di tutte le vite sino a comprendere
di aver creato in sogno essa stessa il suo mostruoso guardiano, la grotta in
cui è prigioniera, di aver generato l’ira del Ciclope e la morte dello splendido figlio di Fauno e Simeto.
I
piedi nudi della zingara danzano intorno a un fuoco, le sue gambe sottili divinamente
illuminate danno tempo alla terra e con uno scialle dorato offerto al cielo
veste la notte. Ignora di essere in un sogno.
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