Marcello Marchesi era convinto che di tanto in tanto potesse esplodere
una generazione di idioti. Sì, ma di “tanto in tanto”… ma qui si esagera! e perseverare
è diabolico! The Journal of Psychiatric Research ha
pubblicato uno studio nel quale sono state messe a confronto vite di grandi
creativi e si è riscontrato in questi personaggi un alto tasso di disturbi
bipolari, abuso di sostanze e infine un alto tasso di suicidi. Da ciò l’autore
dell’articolo Simon Kyaga ha concluso - di sua
sponte - che avere capacità creative può essere il risultato di un determinato
collage di disturbi emotivi. Insomma lo sciroccato è sulla buona strada per
essere un artista, perché ha quei tipici disturbi mentali che fan curriculum e
sono formativi. Tutto l’ambaradan ha solo un paio di effetti collaterali: una
vita di merda e altissime possibilità che ci si attacchi alla canna de gas. E
infatti sempre Kyaga sottolinea – copiando letteralmente Lacan
– che la malattia mentale va vista sotto una nuova ottica: che il disturbo
bipolare sia funzionale e che forse chi ne è soggetto ne abbisogni! Ora immagino una bella seduta da uno
specialista: “Scusi lei ha un disturbo bipolare? E non è contento? Ha questa
fortuna e vuole anche lamentarsi? Si tenga stretto il terrore di vivere e ne
faccia buon pro mi raccomando!” Non bisogna arrivare a leggere Michel
Foucault per riconoscere il solito
schema tassonomico che ci insegna che una volta trovata una nuova definizione nasce
una nuova patologia. E questo accade drammaticamente anche nel nostro vivere
quotidiano; spesso proviamo un gusto quasi megalomane a classificare
psicologicamente le azioni e i comportamenti
altrui. Nei nostri giudizi non siamo mai parchi di elencare una serie
indefinita di sindromi e disturbi da appioppare agli altri e difficilmente
troviamo un conoscente sano. Questo ci rende illusoriamente superiori, analisti
mancati, ordinatori e coordinatori delle vite altrui, dei nostri conoscenti,
dei nostri amici, figuriamoci dei nostri detrattori. Insomma la nostra
esistenza relazionale oramai non può fare più a meno di una ridicola ma
sostanziosa dose di anamnesi da psicologi della domenica. I disturbi si
moltiplicano come funghi, sia nelle riviste – specialistiche e non - che nei
bar, nei salotti bene e in quelli alternativi! C’è una pandemia di nuove
definizioni e ramificazioni delle stesse che ha dello sconcertante. Forse in un
prossimo futuro sarà necessario un aumento demografico perché il numero delle
malattie mentali supererà quello degli abitanti del pianeta… bisognerà generare
nuovi possessori di sindromi! E il signor Simon
Kyaga - seppur specialista in materia - non si sottrae a questa moda. Apprendere che l’artista o il creativo spesso
e volentieri sia fuori come un balcone è cosa nota, ma ciò che è davvero triste
e deprimente è istituzionalizzarlo! La nomenclatura e la classificazione io la
lascerei alla ragioneria, alla Corte dei Conti, alle istituzioni e agli
organismi deputati a compitare, fare statistiche e conti in genere. Anche
perché credo ci siano molte persone casomai non creative, che desiderano una
vita semplice, senza slanci di immaginazione esagerati che soffrono di disturbi
di questo tipo. Molto semplice e sbrigativo - nonché tendenzioso - mettere a
confronto solo vite di grandi artisti… e ovviamente tralasciare fuori un numero
molto più consistente di persone affette da disturbo bipolare normalissime. E
forse – proprio volendo essere buoni –, se volessimo definire attendibile
questo studio, non si è presa in considerazione la spiegazione più semplice e
comprensibile, e cioè che per il creativo non è deprimente la propria vita o il
proprio sentire, ma forse che il proprio essere e il proprio sentire galleggino
su una melma di banalità, di luoghi comuni, che insozzano e inquinano la
bellezza delle cose, lo stupore del mondo e dell’essere al mondo. Che tutto
questo rende il suo animo terrorizzato ma fossilizzato in un’anestesia emotiva
generalizzata, affetta da una narcolessia diffusa, vincente e poderosa, perché non
ha sensibilità, anima. La vittoria di un vivere che vive senza vita, ma che ha
per sua unica e poderosa arma il pessimo vizio di giudicare, nomenclare e
classificare tutto perché solo questo sa fare!
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