In Verità

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martedì 16 ottobre 2012

Schizo-creatività




Marcello Marchesi era convinto che di tanto in tanto potesse esplodere una generazione di idioti. Sì, ma di “tanto in tanto”… ma qui si esagera! e perseverare è diabolico! The Journal of Psychiatric Research ha pubblicato uno studio nel quale sono state messe a confronto vite di grandi creativi e si è riscontrato in questi personaggi un alto tasso di disturbi bipolari, abuso di sostanze e infine un alto tasso di suicidi. Da ciò l’autore dell’articolo Simon Kyaga ha concluso - di sua sponte - che avere capacità creative può essere il risultato di un determinato collage di disturbi emotivi. Insomma lo sciroccato è sulla buona strada per essere un artista, perché ha quei tipici disturbi mentali che fan curriculum e sono formativi. Tutto l’ambaradan ha solo un paio di effetti collaterali: una vita di merda e altissime possibilità che ci si attacchi alla canna de gas. E infatti sempre Kyaga sottolinea – copiando letteralmente Lacan – che la malattia mentale va vista sotto una nuova ottica: che il disturbo bipolare sia funzionale e che forse chi ne è soggetto ne abbisogni!  Ora immagino una bella seduta da uno specialista: “Scusi lei ha un disturbo bipolare? E non è contento? Ha questa fortuna e vuole anche lamentarsi? Si tenga stretto il terrore di vivere e ne faccia buon pro mi raccomando!” Non bisogna arrivare a leggere Michel Foucault  per riconoscere il solito schema tassonomico che ci insegna che una volta trovata una nuova definizione nasce una nuova patologia. E questo accade drammaticamente anche nel nostro vivere quotidiano; spesso proviamo un gusto quasi megalomane a classificare psicologicamente le azioni e i comportamenti altrui. Nei nostri giudizi non siamo mai parchi di elencare una serie indefinita di sindromi e disturbi da appioppare agli altri e difficilmente troviamo un conoscente sano. Questo ci rende illusoriamente superiori, analisti mancati, ordinatori e coordinatori delle vite altrui, dei nostri conoscenti, dei nostri amici, figuriamoci dei nostri detrattori. Insomma la nostra esistenza relazionale oramai non può fare più a meno di una ridicola ma sostanziosa dose di anamnesi da psicologi della domenica. I disturbi si moltiplicano come funghi, sia nelle riviste – specialistiche e non - che nei bar, nei salotti bene e in quelli alternativi! C’è una pandemia di nuove definizioni e ramificazioni delle stesse che ha dello sconcertante. Forse in un prossimo futuro sarà necessario un aumento demografico perché il numero delle malattie mentali supererà quello degli abitanti del pianeta… bisognerà generare nuovi possessori di sindromi! E il  signor Simon Kyaga - seppur specialista in materia - non si sottrae a questa moda.  Apprendere che l’artista o il creativo spesso e volentieri sia fuori come un balcone è cosa nota, ma ciò che è davvero triste e deprimente è istituzionalizzarlo! La nomenclatura e la classificazione io la lascerei alla ragioneria, alla Corte dei Conti, alle istituzioni e agli organismi deputati a compitare, fare statistiche e conti in genere. Anche perché credo ci siano molte persone casomai non creative, che desiderano una vita semplice, senza slanci di immaginazione esagerati che soffrono di disturbi di questo tipo. Molto semplice e sbrigativo - nonché tendenzioso - mettere a confronto solo vite di grandi artisti… e ovviamente tralasciare fuori un numero molto più consistente di persone affette da disturbo bipolare normalissime. E forse – proprio volendo essere buoni –, se volessimo definire attendibile questo studio, non si è presa in considerazione la spiegazione più semplice e comprensibile, e cioè che per il creativo non è deprimente la propria vita o il proprio sentire, ma forse che il proprio essere e il proprio sentire galleggino su una melma di banalità, di luoghi comuni, che insozzano e inquinano la bellezza delle cose, lo stupore del mondo e dell’essere al mondo. Che tutto questo rende il suo animo terrorizzato ma fossilizzato in un’anestesia emotiva generalizzata, affetta da una narcolessia diffusa, vincente e poderosa, perché non ha sensibilità, anima. La vittoria di un vivere che vive senza vita, ma che ha per sua unica e poderosa arma il pessimo vizio di giudicare, nomenclare e classificare tutto perché solo questo sa fare!

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