Giornata
piena ieri, non certo epica, ma bulimica di “italianate”. Il parlamento si
impone sul patto di stabilità e costringe Monti a rivedere molti emendamenti,
anche se Passera garantiva che tutto il pacco avrebbe giovato al 99% degli
italiani; ma già la percentuale puzzava di propaganda da ultima spiaggia.
Tutto da rivedere perché l’imminenza del voto
ha reso populista, garantista e altruista la casta. Apicella è pronto a fare un
cd con il pensionato Silvio anche se si esclude che chiameranno come gruppo
supporter gli Inti-illimani. Ma il pezzo forte è arrivato in zona Cesarini, al calar della
sera… mentre - nel mio caso - iniziavano a fare effetto farmaci ed alcool,
rendendomi profondo, morbido e lucido di sogni.
Sallusti
è stato salvato dalla galera all’ultimo minuto senza neanche esser stato
nominato nel ddl ad personam. Amo la
magia! Niente più galera e dimezzamento delle multe per diffamazione; prima si
poteva arrivare ad un massimo di centomila euro, ora solo – si fa per dire –
cinquantamila. Ma i nostri rappresentanti non potevano lasciarsi scappare un’occasione
d’oro! Limitare il campo di azione delle inchieste attraverso una serie di
norme tese a scoraggiare il singolo giornalista ad addentrarsi nei fumosi e
stantii meccanismi che muovono il carrozzone politico-economico di questo
eccezionale paese. Insomma non è più l’editore a rispondere delle inchieste ma
è il giornalista – in genere freelance – ad esser spogliato da ogni tutela
editoriale rischiando in prima persona denuncie per diffamazione e relative
sanzioni. Il Berlusconismo è diventato trasversale, e la volontà di limitare e sedare il diritto d’informazione è
causa comune di tutti gli schieramenti politici. Sallusti non solo è stato
salvato ma preso a modello: insomma, sempre meno Travaglio, Stella e Saviano e
sempre più Belpietro, Vespa e Sallusti. E
quasi per sancire questa piega totalitaristica dell’informazione nazionale già
nell’articolo primo di questo decreto troviamo le linee guida di questa deriva
da “codice Rocco” dei nostri tempi: infatti nella succitata norma prima del
decreto è imposta la “rettifica obbligatoria” senza alcun commento da
quotidiani, siti internet e anche in edizioni non periodiche – in pratica i
libri – pena multe salate per gli autori. In pratica una intimidazione bella e buona.
Cancellate o rettificate la vostro articolo scomodo, notizia web o libro
inchiesta altrimenti la pagherete cara.
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