Stamani Letta si
sveglia dal lato giusto, accende il tablet d’ordinanza e annuncia con un tweet
che per decreto, in consiglio dei ministri, avrebbe abolito in mattinata il
finanziamento pubblico ai partiti. Detto fatto! “Oddio, bisogna sempre “vedere
prima cammello”, non ci stupiremmo se i rimborsi elettorali verranno infilati in
sordina nella tassa sui rifiuti, in una accisa sui carburanti, nelle spese dei
comuni alla la voce “Politic Tax!” O se verranno “estinti” a data da destinarsi,
più o meno quando Salvini imparerà ad usare il pollice opponibile!
Svolta epocale per il
Governo di larghe intese, un’impresa titanica e senza precedenti “per uno stato
feudale”! L’alacre e retto consiglio dei ministri è stato eroico: ha solo tolto
quel finanziamento pubblico ai partiti che abrogammo con un referendum appena
vent’anni fa!
A questo punto vediamo
la genesi di questa “celere decisione” del canonico. L’abolizione dei rimborsi
elettorali era rimasta dormiente al Senato da tempo immemore (si narra fosse
custodita da secoli in Belgio da monaci trappisti mastri birrai troppo
rincoglioniti dagli assaggi per ricordare dove fu segretamente riposta). Ad un
certo punto la Corte Costituzionale dichiara illegittima la legge elettorale
con la quale le ultime tre legislature hanno governato; ma dobbiamo ricordare
che l’Alta Corte ha al vaglio altri interessanti esposti, tra i quali spicca
proprio un ricorso per la mancata abrogazione del finanziamento pubblico ai
partiti dopo i quesiti referendari del 1993. Il nostro Governicchio delle
“ristrette intese” mica può permettersi un’altra delegittimazione a causa di
una truffa ventennale a danno della volontà popolare? Sarebbe un vero e proprio
colpo di grazia per i nostri onesti rappresentanti. Quindi Letta ha pensato
bene di mettersi con le spalle al sicuro per restare al suo posto e ne ha
approfittato anche per agire di contropiede nei confronti di Renzi che gli sta
col fiato sul collo. E Renzi ha sempre il
fiato “pesante” di parole!
Così il Governo si leva
il dente: rinuncia ai finanziamenti pubblici (sottoforma di rimborsi
elettorali) per continuare a sopravvivere. Meglio stringere la cinghia (si fa
per dire) anziché andare a casa con la coda tra le gambe. Enrico ha fatto
tintinnare le sue palle d’acciaio - in mancanza delle scarpette rosse, colore che
odia - e dalla sera alla mattina si è garantito un altro semestre di
sopravvivenza.
Non mancheranno
immotivate e fantasiose attribuzioni di meriti per l’accaduto: possiamo star
certi che Renzi dirà che questa decisione è stata presa grazie al suo
miracoloso “avvento”, alla sua apparizione “stile Lourdes” sulla scena politica;
allo stesso modo sentiremo Alfano attribuirsi il merito di tutto grazie alle
ali liberali delle colombe di governo, e infine Grillo dichiarerà che la
politica resta morta, anche se tenta di risollevarsi dalle proprie ceneri con
contentini scontati mossi dallo spavento che i suoi giacobini pentastellati
incutono nelle comatose e corrotte istituzioni!
L’agguerrito Leone di
stato è furbo, molto furbo, ma almeno – incalzato dalle circostanze – ha alleggerito
le spese dello stato… che restano disastrose. Il canonico ha incassato un
risultato positivo, e deve incassarne molti se non vuole esser soppiantato
dall’arrivismo rampante del neosegretario del suo partito.
Ma c’è ancora un'altra eventualità
da valutare, puramente teorica ma non campata in aria; un’ipotesi che può
tranquillamente aggiungersi e convivere con le altre, e che consiste nelle
pressioni di Re Giorgio! Il sovrano è stanco… già durante l’incoronazione affermò
che avrebbe abdicato se le Camere non avessero messo mano alle riforme (cosa
che poteva fare benissimo già il giorno dopo). Letta ha tirato la corda al
massimo: ha glissato su tutto, ha stagnato finché ha potuto ma non poteva
continuare così. Dopo una serie inverosimile di aumenti – dalle accise all’iva
– e dopo aver rinominato tre volte la tassa sulla casa dichiarando di averla
tolta (è sempre difficile dare i nomi), doveva darsi una mossa! Era costretto a
far qualcosa per giustificare un minimo quell’ectoplasma che si ostina a chiamare
governo. Mica poteva continuare a non fare una mazza per cinque anni? Le sue
palle mica sono d’acciaio inossidabile? Sfrega e sfrega ma alla fine il
“Brillacciaio” irrita e graffia i gioielli di famiglia, oltretutto lasciando l’alone!
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