Ibrahim Nasrallah è uno dei massimi poeti palestinesi. Il prossimo 20 maggio a Salerno è ospite della rassegna FEMMINILE PALESTINESE. Insieme a lui sono presenti Simone Sibilio, docente di letteratura araba alla Ca’ Foscari di Venezia, e l’attore Omar Suleiman che leggerà alcune sue poesie.
di Maria Rosaria Greco
Ibrahim Nasrallah è uno dei massimi poeti palestinesi, ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il prestigioso “Sultan Aways” per la poesia nel 1997. È anche romanziere, oltre che insegnante, giornalista, critico cinematografico, pittore, fotografo.
Le sue opere si diffondono in Occidente dove vengono tradotte in diverse lingue. Ha pubblicato moltissimo: romanzi, libri per bambini, saggi e, ovviamente, molte raccolte di poesie. In italiano sono stati tradotti due suoi romanzi , “Febbre” (Edizioni Lavoro 2001, trad. Capezzone), “Dentro la notte. Diario palestinese” (Ilisso 2004, trad. Dahmash) e una raccolta di poesie “Versi” (Edizioni Q 2009, trad. Dahmash).
Nasce nel 1954, 6 anni dopo la Nakba, nel campo profughi di Wihdat in Giordania, figlio di genitori palestinesi originari di un villaggio vicino Gerusalemme che hanno dovuto lasciare dopo il 1948. La sua infanzia nel campo profughi e l’esperienza della diaspora sono un marchio indelebile nella sua vita e nelle sue opere. Crescendo trova conforto nella conoscenza della cultura internazionale, inizia a leggere e studiare da solo, attraverso la letteratura infatti riesce a volare oltre ogni confine e conosce il mondo.
Conosce perfettamente anche i nostri autori: Dante, Manzoni, Pirandello, Montale, Calvino. Tutta la cultura, la letteratura araba e occidentale, rappresentano per lui una rinascita, un grembo materno che lo accoglie, lo nutre e gli dona una nuova vita, una dimensione umana che era stata sottratta, a lui e al suo popolo.
La terza edizione della rassegna “femminile palestinese” ha come sottotitolo “l’occupazione oggi” perché il focus quest’anno è analizzare qual è la situazione della Palestina oggi, dopo 68 anni di occupazione. Ed è proprio il tema dell’occupazione, del colonialismo, che è presente nelle opere di Nasrallah come un filo conduttore di una nostalgia struggente che solo nella poesia trova riparo. “Se perdono i poeti, non vince il mondo” scrive in una sua poesia. Per lui l’occupazione, ovunque si trovi nel mondo, è la massima espressione di razzismo perché impedisce a un popolo la propria autodeterminazione, appropriandosi della vita delle persone, decidendone il destino. Chi vive sotto occupazione viene privato dei propri sogni, della propria libertà, delle forme più semplici di vita.
È una scrittura altissima quella di Ibrahim Nasrallah che intercetta le emozioni che sgorgano dagli oggetti, dalle storie, dai personaggi per raccontare la pulizia etnica e la diaspora dei palestinesi, ma anche per tutelare i diritti violati delle categorie più esposte. In “Balcony of disgrace” (balcone del disonore) affronta il tema del delitto d’onore, descrivendone la crudeltà e lo scenario di degrado sociale. Le vittime di questo crimine sono donne innocenti private dei loro diritti. Nasrallah analizza la condizione della donna araba, in particolare nelle classi sociali più povere e, attraverso i personaggi del romanzo, rivisita il significato di concetti dominanti come onore, virtù, purezza, virilità. È attraverso la letteratura che lo scrittore stimola il cambiamento. Nasrallah scrive questo romanzo dopo aver letto un rapporto delle Nazioni Unite nel 2009 che definiva il numero dei delitti d’onore: ogni anno in tutto il mondo circa 5000 donne sono vittime di questo crimine.
Altro tema molto caro a Nasrallah sono i giovani e in particolare il diritto all’infanzia serena che troppi bambini palestinesi e arabi vedono quotidianamente calpestato. Lui, cresciuto in un campo profughi, sa molto bene cosa significa essere ragazzi di strada, senza opportunità di crescita culturale, continuamente umiliati e privati di qualsiasi speranza o sogno dall’esercito israeliano.
Nel 2014 ha partecipa al progetto Climb of Hope (La Scalata della Speranza) promosso dal Pcrf (Fondo di soccorso ai bambini palestinesi – Palestine Children’s Relief Fund), che prevede la scalata del monte Kilimanjaro da parte di Yasmin e Mutassem, due adolescenti palestinesi accompagnati da un gruppo di volontari. I due ragazzi hanno una sola gamba: lei, Yasmin, viene investita a tre anni da un veicolo dell’esercito israeliano di fronte a casa sua, a Ramallah, lui, Mutassem, di Gaza, gli viene amputato l’arto a seguito di un bombardamento israeliano. Il progetto vuole attirare l’attenzione del mondo sui tanti giovani arabi morti o divenuti disabili, per ferite conseguenti a bombardamenti o alla “normale” occupazione militare. Climb of Hope ha lo scopo di raccogliere fondi per garantire loro cure mediche, per trattarne i traumi psicologici e per sostenere il loro futuro in vari modi, offrendo una speranza, un’opportunità. Ibrahim Nasrallah definisce questi ragazzi senza gambe “i figli della vita, i figli di un popolo che da un secolo combatte per la libertà e questo popolo non sarà mai sconfitto”.
La poesia e la letteratura secondo Ibrahim Nasrallah sono fondamentali per raccontare queste storie a tutto il mondo. La cultura palestinese è la patria in cui rifugiarsi, il luogo in cui nutrirsi e rigenerarsi, come un vangelo, un corano, un libro sacro che codifica e scandisce i ritmi di una dimensione umana, laica e appassionata, tutt’ora negata a un popolo che invece non perde la speranza, ancorato alla vita e alla propria identità. Il ruolo dell’intellettuale secondo Nasrallah è quello di guidare, sostenere. Il poeta non può perdere. «In quella città bella e lontana, nel cortile ricoperto d’erba, ogni cosa cantava, la gente danzava. Disse: “va dalla puledra, invitala a ballare”. Ero timido. Se i poeti perdono non vince il mondo».
Per informazioni:
Maria Rosaria Greco Curatrice della rassegna “Femminile palestinese”
Fonte Articolo NenaNews
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