Entrando in questa città martoriata credevo di trovare una realtà devastata: una Sarajevo dei nostri tempi. Il brivido non tardò ad avvelenarmi la spina dorsale: per la prima volta mi sentivo fiero di essere italiano. Un intelligente nazionalista, un avventuriero della cosciente sofferenza.
La città era un cantiere a cielo aperto: case e strade costruite dal nulla. Continua a leggere su Postik
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