La frase “titoli tossici” è oramai un must del
vocabolario della cronaca finanziaria; dal 2008 è una efficace immagine per
indicare l’invasione endemica di qualcosa che inquina e infetta ciò che è “sano”.
Le cose non stanno esattamente così: quelli che vennero chiamati “titoli
tossici” non erano “elementi estranei, “brutti, sporchi e cattivi”, ma titoli azionari dal valore incerto, frutto
di una speculazione selvaggia e non tutelata. In origine queste malefiche
azioni vendute dalle banche erano un affare: titoli a basso costo, non
garantiti né assicurati, coperti perlopiù dalla concessione indiscriminata di
mutui e prestiti. Si davano soldi a tutti e senza garanzie, prestiti
specialmente indirizzati al mercato immobiliare: bisogna dire che inizialmente
la banca non era il principale attore, bensì venivano create ad hoc delle
società quotate che, comprando pacchetti di titoli, concedevano prestiti e mutui con estrema
facilità, anche a soggetti non affidabili – soggetti che col tempo non sono più
stati in grado di onorare il debito contratto. Le società servivano appunto ad
ammortizzare le responsabilità delle banche: infatti se vi fosse stata un’inadempienza
la responsabilità non sarebbe ricaduta sull’istituto di credito che concedeva
il pacchetto ma sulla società finanziaria che lo vendeva al pubblico. Con questo meccanismo nel caso in cui vi fosse
stato un crollo di azioni la colpa sarebbe stata solo di due soggetti: chi
acquistava il titolo e chi lo offriva al pubblico – le società finanziarie e i loro
acquirenti -, non di chi lo aveva creato (l’istituto di credito all’origine del
titolo).
Avevano trovato la gallina dalle uova d’oro! I soldi
si facevano facilmente: si concedevano prestiti
con grande elasticità a tassi di interesse convenienti sia per chi
elargiva e sia per vi chi accedeva. Insomma era una affare in apparenza
inesauribile. Le banche vedendo che il mercato sembrava inarrestabile
iniziarono a garantire – tramite questi titoli – persino liquidità che non
possedevano – perché si sa che il credito è basato soprattutto sulla fiducia.
Quindi bastava emettere titoli solo “nominalmente”
efficaci, dal valore puramente virtuale
e non effettivo, titoli sopravvalutati, una pura speculazione che è andata
avanti per anni radicandosi in tutto il mercato azionario. Ma ad un tratto il mercato immobiliare cala, la crisi del lavoro e la scarso
potere di acquisto marciano contro questa speculazione. A questo punto il
mercato inizia a tutelarsi e tira i remi in barca: i titoli “tossici” – ma fino
a quel momento ossigeno puro - iniziarono a crollare perdendo sempre più
valore, sino a diventare “invendibili”; nessuno più voleva comprarli D’improvviso
tutte le società quotate si ricordarono che questi titoli in realtà non
valevano niente, che la loro quota è fittizia, e per correre ai ripari
paralizzarono di fatto la contrattazione, perché queste azioni invendibili se
le ritrovavano dappertutto, qualunque contrattazione ne conteneva. La ricaduta
di questa presa di coscienza finanziaria fu tremenda: c’erano oramai centinaia
di miliardi di dollari in titoli che nessuno voleva, gli istituti bancari che
li emisero si ritrovarono con scoperti incolmabili, i correntisti corsero agli
sportelli per prelevare i loro soldi, il mercato si fermò dopo aver preso
coscienza di essere un gigante dai piedi di argilla che iniziava a mangiarsi da
solo bruciando miliardi di dollari al giorno nel vano tentativo di riparare a
ciò che egli stesso aveva creato. La quarta banca statunitense, la Lehman & brothers, si ritrovò con un passivo di 615 miliardi di dollari – cifra astronomica
che nessuna società al mondo o banca avrebbero potuto coprire - perché per anni aveva
concesso mutui senza alcuna forma di garanzia e senza alcuna assicurazione (cosa
che è legale), e fu costretta a dichiarare
fallimento. Una banca considerata troppo potente per fallire chiude da un
giorno all’altro e rischia di far cadere a catena tutta la finanza americana e
mondiale. E il panico non aiuta a far soldi.
Il mercato finanziario mostrò di essere un
illusionista mediocre che con un passo falso svela miseramente il trucco. C’è
da dire che questo mago da circo aveva anche ottime aiutanti: infatti Moody's e
Standard & Poor's, le stesse agenzie di rating che ora fanno il bello e il
cattivo tempo, che decidono chi muore e chi è salvo, chi è affidabile finanziariamente
e chi no, coprirono e promossero la diffusione di questi titoli fittizi per
anni senza batter ciglio.
Tutto sfumò in pochi giorni, un intero sistema
speculativo crollò e uscì allo scoperto perché ci fu una preoccupante flessione
in un solo settore finanziario, quello immobiliare. In pratica è come se l’elefante
fosse morto di sincope da spavento alla vista di un piccolo topolino.
I titoli tossici erano dunque un prodotto interno al
sistema, qualcosa che il sistema stesso aveva generato per garantire credito
virtuale in vista di reddito facile, e non degli elementi esterni e virali che
hanno ammalato la finanza. E tutto
questo con il benestare degli organismi di controllo finanziari, delle sovranità
nazionali (che poi sono dovute intervenire e tutt’ora intervengono inutilmente
a spese dei cittadini per arginare un pozzo senza fine) e il tutto in modo legale. Infatti nessuno può garantire
che questo non riaccadrà, non ci sono strumenti legali o finanziari che possano
impedire alle menti tossiche che hanno generato questo sistema di riproporlo, altrimenti il cosiddetto “libero
mercato” non sarebbe realmente libero, ma soffocato “ingiustamente” da leggi “antidemocratiche”
che minerebbero il sacrosanto diritto alla speculazione finanziaria.
Queste menti tossiche ancora sono a piede libero,
alcune sono anche più ricche di prima, con società ancora più estese e poco
controllabili.
Per evitare che la fine della Lehman si estendesse a tutto
il capitalismo americano ben nove istituti di credito ottennero
sovvenzionamenti pubblici (cosa non prevista dalla legge), per immettere nuova
liquidità nel mercato; ma solo una parte minima di questi soldi venne
utilizzata per concedere prestiti e per riavviare il mercato reale, la maggior
parte servì a “ingrandire le società”, per aumentare i loro capitali, per mettere
di nuovo all’ingrasso il gigante dai piedi d’argilla.
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