Il
gelo di visi che nel buio ritagliano attentamente fogli di rancore mordendosi
le labbra. Bicchieri vuoti sull’orlo di un tavolo pronti ad infrangersi. Sgorga bile copiosa tra i germogli stretti di
un sorriso di circostanza e un filo di ghiaccio graffia le schiene. Tacchi
alti, fili di perle e parole ciancicate.
Un fiato di aria calda e torbida avvelena e addormenta le menti di un sapore
simile a quello dolciastro del laudano mischiato al tabacco. Una geografia
scomposta, pronta a frantumarsi, di sguardi che rendono gli occhi orizzonti di
sangue… annuncia l’avvento della miseria. Scompaiono le ombre tra le luci rosse
e gialle in un orgia di graffi sibilati in orecchie avide… pronte a far
macerie. Intanto i bicchieri si riempiono, il brusio sale, nessuno tenta il
volo e si leccano ferite assaggiando il sapore del sudore. Il male non esiste,
nulla esiste, solo la verità accennata un istante prima nella radura segreta di
capelli indifferenti e innalzata, sancita a dogma da due visi soddisfatti e
digrignanti dopo la rivelazione. Incapricciato e felice indosso due ali di
indifferenza e sfido Icaro. E resto lì, ridicolo e funambolo, pagliaccio e giullare
al servizio della mia anima. Strappo stoffa dalla notte e vesto i suoi cenci.
Giro, giro… e chiudo gli occhi. Con le mie scarpe bucate e le suole che fan linguacce
al mondo… giro. Famelico di occhi che brillino, assetato di abbracci che mi
curino il petto… al sudore mischio qualche lacrima impazzita: da un occhio di
dolore e dall’altro di gioia. Questo!
Solo questo. Non aspetto, non cerco, non attendo un epilogo… tanto meno una
ragione. Non voglio un pensiero che mi vesta, mi dipinga con un pennello
trattenuto tremante in artigli stranieri. Mi strapperebbero il cencio di cielo,
graffierebbero le ali di cera e madreperla. E allora incauto, dissacrante e
blasfemo spicco il volo con un sorriso benedetto dall’indifferenza, battezzato nell’accidia di cuori sconosciuti, ormai lontani, che vogliono mordere e
mangiar anime, banchettare sulle schiene ignare dei loro pasti. Il giullare
gira e gioca: intenerisce cercando di volare agitando i campanelli in testa, ma
la corte è in allarme... perché li confonde per trombe di guerra.
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