In Verità

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sabato 7 settembre 2013

UNA PREGUNTA: SI SALVI LA SINISTRA DA RENZI!


Il Pd “ufficialmente” manifesta la tipica insofferenza dell’ “eterno secondo”, si snocciolano dichiarazioni puerili a mo di slogan sulla voglia di vincere e non di “non perdere”; e sotto questa bandiera un vile – perché latente - “liberismo arrivista” si sta affermando.
Non esiste più alcun tipo di legame tra la dirigenza e gli elettori, le piccole sedi di partito, le parti sociali. Questo enorme carrozzone senza identità è totalmente ripiegato su sé stesso da dimenticare totalmente  origini, vocazione e progettualità. Per vent’anni ha fagocitato per far massa, numero, ha accorpato indistintamente di tutto e di più – perdendo sempre per giunta – ed ora, come se niente fosse, sordo e ottuso continua ad annaspare in questa assoluta “inconsistenza”.  

Volendo restare in tema, cosa c’è di più inconsistente della spasmodica e banale ricerca di un leader che abbia una funzione puramente propagandistica, un’ otre vuota,  senza contenuti ma spendibile? Di una immagine che faccia il lavoro al posto delle idee e dei contenuti?
Ecco a cosa si è vocato il Partito Democratico da ormai troppo tempo.  Invece di  rappresentare una vera alternativa, radicandosi su solide basi politiche, sociali e culturali, ha preferito “non faticare” accorpando esseri e movimenti di ogni tipo e bluffare con la vuota propaganda.

Ed è a questo punto che si raggiunge l’acme, il climax. Il Partito Democratico dopo tanto “non lavoro” ha trovato nello “slogan” Matteo Renzi la soluzione.
L’assenteista sindaco di Firenze, assetato di tutto, sale in vetta ai sondaggi, piace, incontra, battaglia simpaticamente mettendo in fila ovvie banalità a maniche rimboccate, banalità che sono – però - politicamente innocue, non collocabili,  incolori e puramente propagandistiche: queste parole inutili possono stare al centro, a destra e a sinistra. Sono intercambiabili perché inconsistenti, e per questo preziosissime. Col populismo in Italia hanno sempre vinto tutti! Da Mussolini a Berlusconi, passando per Craxi sino ad arrivare agli odierni  Renzi e Grillo, non ci sono stati populisti che non hanno ottenuto risultati. Il populismo è l’asso nella manica della mediocrità, la carta da giocare sporca e trasversale per agitare tutto e non far niente. Ma Renzi ha una marcia in più rispetto agli altri: ha dietro tutta una tradizione politica che di certo non conosce e non gli appartiene ma dalla quale mutua  immagine e consenso. Non ha un curriculum infangato come Berlusconi - è una moneta falsa ma stampata di fresco e fatta meglio - non ha una comunicazione violenta e offensiva come quella riconducibile a Grillo, ha scalato il partito democratico dal centro, dall’ala moderata, quindi il suo retaggio politico – ammettenddo per solo beneficio di inventario che ne abbia uno - non è assolutamente da reperire nel comunismo italiano, bensì dalla sinistra democristiana.  E’ il moderato perfetto! Il democristiano redivivo tenuto al caldo nel suo bozzolo pseudo-progressista per tutto l’incubazione. Non si sa se farà bene, ma sembra innocuo – anche se logorroico – quindi lavora di fino ai fianchi dell’opinione pubblica sull’idea che “troppo male non dovrebbe fare”, che dopo questo ventennio infausto “ è il meno peggio”. Renzi si afferma e acquista consenso solo grazie al disincanto generale, all’idea che il “fondo è stato toccato”, e non certo per la sostanza delle sue idee. Si è autopromosso alla perfezione – senza ottenere veri risultati – grazie alla municipalità fiorentina; Firenze è sulla sua bocca solo e sempre per rimarcare il fatto che ne è sindaco, un importante trampolino di lancio e basta. Firenze è una medaglia splendida da appuntare al petto: è una delle città più belle al mondo, gli ha permesso di affermarsi senza entrare “veramente” nella politica nazionale; insomma uno scudo perfetto per riuscire a stare con un piede dentro e uno fuori dai giochi di palazzo – anche se negli ultimi tempi è stato talmente assente che deve chiedere indicazioni in giro per arrivare al comune.

Ma, nonostante tutto, Renzi è indicato come l’unica alternativa per vincere delle possibili elezioni. Il suo arrivismo, fatto di propaganda e frasi fatte, di refusi “americanisteggianti” liberal a tarallucci e vino, è riuscito a guadagnarsi un posto di rilievo nel partito democratico. Grazie alla popolarità nei sondaggi si sta affermando come l’unico in grado di vincere contro la destra e salire a palazzo Chigi. Renzi è l’ennesimo paradosso populista, paradosso che ci ha sempre accompagnato nella nostra storia. E’ il personalismo che vince rispetto ai contenuti. L’ennesimo esempio che ci dimostra che l’immagine e la propaganda avranno sempre la meglio rispetto ai dei progetti, rispetto al faticoso lavoro delle idee. In questo paradosso vince l’elementare, quanto fallace e puerile convinzione che un solo uomo possa cambiare le cose, che possa essere la risposta a tutto – non a caso è l’idea che ci ha precipitati nel berlusconismo e che il sindaco di Firenze ha adottato in pieno. E per gli stessi identici motivi Matteo Renzi rappresenta anche la “cartina tornasole” di tutto il Partito Democratico. Un partito di pura aria, dalle dimensioni ipertrofiche ma vuoto, completamente alla deriva e senza una vera identità. Talmente colonizzato dal nulla da esser costretto a ricorrere al peggior populismo per vincere.


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