Napolitano non si
nasconde più dietro ad ammonimenti generici. Stavolta si rivolge direttamente a
Berlusconi. Senza mezzi termini il Presidente della Repubblica avverte che una
crisi esporrebbe il paese a “gravissimi rischi”. E’ dall’era Monti che ogniqualvolta
il governo viene minacciato si paventano
scenari ancor più tragici di quello che viviamo; però non troviamo mai nessuno
che spenda un minutino del suo prezioso tempo per illuminarci e specificare con
esattezza la portata, l’intensità e le
conseguenze di questa “perenne e imminente” tragedia. Berlusconi
è dunque avvertito: se fa cadere il governo le profezie dell’Apocalisse si
avvereranno e in allegato all’Armageddon l’immediato e definitivo “disvelamento”
del terzo segreto di Fatima.
Che Berlusconi debba
rassegnarsi a dire addio alla politica è semplice buon senso, e anche se
accadesse sarebbe sempre e comunque troppo tardi. Se proprio volessimo un
lavoro "a regola d’arte", e riparare davvero, dovremmo possedere una macchina del
tempo e usarla per impedire agli avi del “Papi” di proliferare; ma visto
che non è possibile ci accontentiamo della decadenza per poi rimboccarci le
maniche tra le macerie.
Ma non possiamo non
ricordare che questo governo è stato fortissimamente voluto proprio dal nostro
Capo dello Stato. Solo pochi mesi fa, nel suo discorso di insediamento,
Napolitano – appellandosi allo stesso clima di emergenza – dichiarò che era
necessario uno sforzo comune, un’unità di intenti responsabile e trasversale
per uscire dalla crisi, crisi che – per inciso - si è acuita ogni giorno di più. Affermò inoltre che se
questa fondamentale cooperazione delle parti per “far risorgere l’Italia” fosse
venuta meno, non ci avrebbe pensato due volte ad abbandonare il secondo mandato
e sciogliere le camere, lasciando il paese a sé stesso. A quel punto l'incarico a Letta e, a seguire, la “Cosa delle larghe intese” .
Non possiamo dunque non ritenere lo stesso Presidente della Repubblica “responsabile” di questa situazione. Per quanto possa esser stato mosso da tutta la buona fede, per quanto sia stato -di certo- abitato dalla convinzione che quella fosse l’ unica soluzione istituzionale percorribile in quel momento, non si può che negare che Napolitano ha contribuito in modo “viscerale” a questa immobilità del governo, al suo essere esposto senza alcuna protezione ai ricatti di un condannato e della sua combriccola di politicanti. Un gruppo di persone che abbiamo avuto nelle nostre istituzioni per vent’anni, che ci hanno governato e ci governano ancora, figure che Napolitano ha voluto, e che adesso – per i loro interessi – non si fanno il minimo scrupolo a voltargli le spalle.
Qui sorgono degli
inevitabili interrogativi. In vent’anni non solo noi italiani ma un po’ tutto
il mondo ha avuto occasione di conoscere Silvio Berlusconi e i suoi: le loro
affermazioni, le loro azioni, i loro comportamenti, la loro comprovata e rodata
“antidemocraticità”, fatte queste premesse possiamo sentirci autorizzati a
domandarci: Napolitano conosceva Berlusconi? E’ mai possibile che non sapesse
con chi aveva a che fare? Che non sapesse che Berlusconi poteva essere
condannato in via definitiva? Che non sapesse che una volta condannato avrebbe
fatto di tutto pur di salvarsi, compreso ricattare il governo, minacciarlo
immobilizzandolo intorno a sé?
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