In Verità

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martedì 10 settembre 2013

BREZZE DI GUERRA? YES WE CAN!


Nessuno ama la guerra, nessuno la vuole! Anche chi la paventa lo fa a malincuore. Obama e Kerry sulla pace ci hanno marciato e non poco. Kerry ha combattuto in Vietnam e poi ha marciato a passo di fitness con Jane Fonda,  è un pacifista talmente  convinto che durante una marcia verso il Campidoglio nel 1971, per protestare contro l’invasione del Laos, Nixon lo definì “il falco che tornando dalla guerra si è trasformato in colomba”. Obama?  Neanche a parlarne … ha vinto sulla fiducia il premio Nobel per la pace nel 2009. Ora chi avrebbe mai detto che il primo sta girando per il mondo alla ricerca di alleati per attaccare la Siria e il secondo  ha arricchito il suo slogan per far breccia al Congresso: Syria Conflict?  Yes We Can!
In fondo  è da un po’ che la guerra ha cambiato faccia. La “stabilità tensiva” si è sostituita alla guerra fredda. Lavorare di fino con “iniezioni” pluriennali e geograficamente definite è molto più efficace e redditizio rispetto ad una guerra globale. Sia ben chiaro... si sta parlando di un guadagno e di un’efficacia del  tutto particolari.   Questo nuovo modo di far guerra innanzitutto non tocca l’occidente, anzi  lo arricchisce, mantiene divise le aree “invase”, sfrutta addirittura a suo vantaggio gli ideali di giustizia e di pace globale per giustificarsi, ed infine può protrarsi per anni e anni investendo così indisturbato in armi, risorse e uomini. Un campo di battaglia perenne e a macchie funziona meglio di una guerra mondiale tradizionalmente intesa. Noi non sentiamo il rumore delle armi e le cronache di guerra ci interessano solo fresche. Già dopo sei mesi risultano stantie, perdono interesse… non ci piacciono più. Ci indigniamo per quei ben calcolati sette minuti a scalare di immagini fatte di macerie e popolazione disperata - notizie che dalla prima pagina, col passar del tempo, pian pianino si spostano sino a poco prima dello sport -, e poi possiamo tornare alla vita di sempre. Questa nuova concezione di conflitto è addirittura più efficace di quella immaginata da Orwell: per controllare e assoggettare con l’ombra della guerra gli animi, l’autore di tanto in tanto faceva tuonare in lontananza qualche ordigno, qui non ve n’è necessità: basta dichiarare qualche guerra qui e là ogni tre o quattro anni.
Il metodo è perfetto, una sorta di equilibrio bellico costante che, come una valvola di sfogo, depressurizza tutte le tensioni, riuscendo a tenerle lontano da dove serve e permette anche ai vari presidenti e alle loro amministrazioni di restituire i debiti elettorali contratti con le fabbriche di armi. Ai venti di guerra si preferiscono le “brezze di guerra”: non scompigliano, non generano caos globale, indignano ma non troppo e per poco tempo. E’ un sistema eccezionale! Non so a chi sia venuta questa idea ma è un genio. Scriveva Karl Kraus che il diavolo in fondo è un ottimista, perché è convinto di peggiorare l’uomo, e non potrei essere più d’accordo.
La nostra indifferenza, la nostra “indignazione a scemare”, il nostro essere lontani dagli scenari di guerra è l’arma in più, quella più efficace; perché permette che questo sistema funzioni, di poter agire indisturbato, ci saranno solo piccoli e superabili fastidi al suo innescarsi ma ha cieca fiducia nel nostro calcolato disinteresse.    

    

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