Alfano instancabilmente
si spende per non far sentire la mancanza di Berlusconi. E’ un personaggio
prezioso, una miniera inesauribile di dichiarazioni e atti da antologia.
Consegna alla chetichella – infischiandosene altamente dei diritti più
elementari - una madre e la sua bambina
nelle mani di una dittatura, si sveglia una mattina e propone la genialata di
far pagare ai paesi di origine il vitto e l’alloggio dei carcerati immigrati;
ma non pago… ha suggerito di schedare e segnalare tutti gli immigrati che
arrivano in Italia… di marchiarli insomma.
Stamani Angelino si è
esibito in coppia, facendosi fare da spalla “via telefono” da Belpietro. Nella
nuova trasmissione di Canale 5, La telefonata di Belpietro, il direttore di
Libero ha chiamato il Ministro degli Interni per aprire una faziosa tribuna
politica mediatica in difesa di Berlusconi – oggi la Consulta del Senato si
riunisce per discutere la decadenza del Cavaliere dopo la condanna Mediaset.
Alfano si è mostrato tanto agguerrito quanto attendista: non ha confermato né
negato una possibile crisi di governo se Berlusconi dovesse decadere, definendo
il tutto come una strategia della sinistra per liberarsi dell’avversario
storico, omettendo tanto volontariamente quanto faziosamente che Berlusconi è
condannato in via definitiva per un reato fiscale accertato. Ha poi attaccato –
come da copione – la legge Severino, norma fino a pochi mesi fa amata da tutti,
tirando fuori l’oramai inflazionato pistolotto sulla sua presunta “non
retroattività” ed incostituzionalità.
Belpietro a quel punto
si è guadagnato lo stipendio egregiamente chiedendo ad Alfano: “ma come è
possibile che la sinistra condanni e faccia decadere l’alleato principale che
ha permesso il governo delle Larghe Intese?” Alfano, grazie a quel fianco offertogli
perfettamente, ha potuto così dare il meglio di sé, affermando che è effettivamente un’assurdità, che Berlusconi
va tutelato e difeso e non condannato perché è l’alleato perfetto e fedele, ma
ha anche sottolineato che in fondo l’unione tra pd e pdl non è serena, che è
“un matrimonio non d’amore”.
Non c’era certo bisogno
di imbastire un’intera trasmissione per sapere che Alfano è infelice con Letta,
che il loro è un “matrimonio di interesse”, è sotto gli occhi di tutti
lo scempio che hanno messo alacremente su. Anche se bisogna dire che sotto sotto una sottile passione tra i due c’è! Alfano in fondo è un po’ come Giulietta…,
ama il suo Romeo ma è la “famiglia” che rema contro! Se potesse le trecce dal
balcone le calerebbe pure ma... è il Boss che non vuole. Fa la preziosa! Un po’ si
concede e un po’ si nega… ed in fondo è quello che lo stesso Berlusconi fa da
quando è stato condannato: minaccia e gela tutti di sera… ma la mattina è
tutto carezze e coccole. Così, con questo vizio di famiglia, I Berluscones
tengono tutti sulle spine, giusto per rendere la “soap” più accattivante, la
trama piena di suspance!
Purtroppo per i
protagonisti della telenovela la “decadenza” è certa, come è altrettanto certo
che aprire una crisi sarebbe un danno per tutti. Finerebbe la fiction e questo
non conviene a nessuno: si tornerebbe alle elezioni con una legge elettorale
che garantirebbe solo instabilità, Berlusconi perderebbe tutto: il seggio al
Senato, la possibilità di esser rieletto e di influire sulle decisioni
dell’esecutivo coi suoi ministri.
Al cavaliere serve solo tempo e niente più! Il ricorso alla Corte dei diritti di Strasburgo è solo un pretesto per ritardare la decisione della Consulta, per aspettare anche il riesame per il ricalcolo – se non l’annullamento - della condanna accessoria a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici; e solo dopo che tutto sarà archiviato Silvio potrà far cadere il governo – casomai con l’aiuto dell’arrivista Renzi - e ripresentarsi lindo e pinto come il culetto di un neonato. Ora è fondamentale per il condannato restare al governo, intanto bisogna riuscire ad annullare la Legge Severino, e mentre i suoi ministri lavorano per lui può dedicare l’anno di condanna per dipingersi come la vittima che ha sconfitto la tirannia della magistratura politicizzata. A quel punto tutto si concluderà nel nulla: l’anno di condanna sarà passato senza aver scontato un solo giorno di pena, l’interdizione verrà probabilmente annullata dalla corte d’appello di Milano e – se i suoi ministri lavoreranno bene ricattando Letta - non esisterà più una legge che impedisce a chi ha subito condanne gravi di presentarsi alle elezioni. Formalmente resterà un condannato in cassazione ma non ne subirà alcuna conseguenza. Un piano perfetto!
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