La Festa del Pd è stata
la “precottura” per il congresso. Tutti hanno prima parlato a fauci strette
blaterando le solite cose, poi si sono muniti di buste “eco” per far cartocci con gli avanzi. Ora ad Epifani non
resta altro che prendere il tortino e congelarlo sino al frugale ma vorace
pasto.
Vedere Mentana e Renzi
sul palco mi ha destato una viva emozione. Per la prima volta dopo tanto tempo ho
rivissuto sensazioni oramai dimenticate, immagini del passato si rivivificavano.
Sentivo che qualcosa
degli anni gloriosi fremeva e si ripresentava. E’ stato come quando ho visto “A
qualcuno piace caldo” di Wylder, quando Jack Lemmon e Tony Curtis suonano per
la prima volta vestiti da donna in un orchestra femminile. Ecco!, questa era l’immagine
riposta nei miei ricordi! E adesso come allora mi sono seraficamente chiesto: “E
questi due… che cazzo ci fanno lì?”
Renzi è tornato, è
tornato più qualunquista e retorico di prima, ma agguerrito come non mai. Si è
detto pronto a guidare il Pd. Anche se non ha l’età per la patente il
carrozzone lo vuole lui. Vago su tutto, demagogo anche quando è nudo davanti
allo specchio, ma su due punti fondamentali è un caterpillar: vuole la
segreteria e il prossimo governo! Poi il da farsi è un optional, un particolare
trascurabile. Quel che conta è arrivare allo scopo, perché Berlusconi in vent’anni
ci ha insegnato che basta vincere le elezioni, poi si può anche non fare un
cazzo… nessuno se ne accorge se non dopo tre lustri abbondanti!
Matteo le cose non se
le fa dire due volte, neanche una se è per questo… è di una logorrea patologica
– infatti credo stia ancora sul palco a parlare da solo al buio usando il 37 di
Mentana come microfono. Ha tante cose da dire, tanti slogan pensati, maturati e
cesellati mentre se ne sta seduto pacioso sulla tavoletta del wc… e non riesce
mai ad avere il tempo per sciorinarli tutti in una volta. E la cosa lo limita e
lo castra non poco, viste le evidenti disfunzioni emotive!
Renzi costruisce i suoi
pensieri intorno ai suoi slogan e non viceversa. E’ la frase ad effetto a
generare il discorso, non il contrario. Caratteristica ideale per un creativo
della Algida, non certo per un esponente di spicco di un partito riformista. A
volte arido di idee ammucchia insieme in una sola preposizione battutine,
slogan e metafore calcistiche, così… senza soggetto complemento e predicato. Ha
una tale ansia da prestazione di “ovvietà”
che è capace di incartarsi anche se gli chiedono cosa ha mangiato: “Un
rottamato misto con contorno di urgenti politiche sociali, consumato
velocemente in zona cesarini perché oramai è chiaro a tutti che non c’è più
tempo!
Non è stato tenero col
suo Partito e con Bersani: “siamo stati presuntuosi e lo abbiamo pagato.
Eravamo certi di vincere. Invece bisogna avere il coraggio di vincere.” Mentana
annuiva, anche perché è quello che pensa anche lui, pensano un po’ tutti, sanno
un po’ tutti dal 94’. Renzi ha il coraggio di dire quello che tutti dicono! E’
un uomo nuovo, e lo ha dimostrato usando un linguaggio totalmente innovativo.
Infatti quando gli è stato chiesto come risolverebbe da segretario questa paura
di vincere che ha la sinistra: “Il punto non è quello che faccio da grande
ma quello che facciamo insieme per un partito che non sbagli il calcio di
rigore a porta vuota ma torni a vincere. È ora che Epifani fissi il congresso e
si decidano le regole.” Bobby
Kennedy non sarebbe stato in grado di dirlo meglio… anche se il Baggio del 94’
si è un po’ incazzato.
Sulla decadenza di
Berlusconi poi ha dato il meglio di sé cambiando tanto “repentinamente” quanto “retoricamente”
registro: “Possiamo non parlare di decadenza del Cavaliere ma dei nostri figli?”
Anche se dopo si è allineato con il partito affermando che “negare una sentenza
definitiva significa negare l’autorità delle istituzioni”.
Insomma “nulla di nuovo dentro Renzi”: si accoda
ai suoi quando gli torna utile, ma dirompe di tanto in tanto con delle uscite
qualunquiste solo per differenziarsi dalla “vulgata caotica del pd” e far
sentire la sua presenza assetata di arrivismo. Tutto come sempre!
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