Questa estate è
particolarmente afosa, a tratti soffocante, e queste caratteristiche non
aiutano a mantenere lucidità ed obiettività: un esempio evidente è Vittorio
Sgarbi, il quale, attraversato da una forma feroce di ebetismo molesto, ha definito
il caso Ruby simile a quello Pasolini, cosa che ci dimostra in maniera
definitiva ed inequivocabile che un “magazzino – anche ben fornito - di nozioni
non fa un’intelligenza”.
Ma anche la stampa e la
televisione di regime non aiutano la nostra capacità di giudizio; anzi, ci
impediscono proprio di mettere a fuoco l’essenziale. Il Governo fa poco e nulla: rimanda, procrastina,
non prende vere decisioni, proprio perché non può, non ne è in grado per motivi
genetici; e allora cosa ha pensato bene di fare? Prende argomenti cogenti e drammatici, se ne
arma cavalcando la loro urgenza sociale, poi inonda la nostra vista e le nostre menti
attraverso i mezzi di informazione con notizie tanto truci quanto mirate, e
infine si fa baluardo di queste ingiustizie, casomai finge di varare leggi già
esistenti, ma non applicate, e definisce questi contentini “momenti importantissimi”
della vita democratica del paese. Questo è accaduto con la legge sul
femminicidio, la cosiddetta normativa sui crimini definiti di “genere”. Già distinguere
per “genere” - a pensarci bene - è davvero segno di un regresso notevole, non
solo del linguaggio ma proprio della sostanza della giurisprudenza moderna: un
crimine è un crimine sempre!, e la tutela dei più deboli – così come l’assoluta
eguaglianza dei cittadini a prescindere dal genere, dalla religione, dalle scelte
etc. etc., è costituzionale e non certo
un’invenzione di Letta. La sola affermazione “delitto di genere” dunque è segno
di imbarbarimento del diritto, anche se la cosa passa inosservata. La legge sul
femminicidio è giusta, sacrosanta, necessaria! Peccato però che già esisteva,
si è solo votata la certezza della sua applicazione, e in alcuni punti ne è
stata aumentata la severità. Ma quello che davvero indispone, quello che
profondamente offende la nostra intelligenza e il nostro senso della decenza
non è certo la vexata quaestio sul fatto che la sua enunciazione è
giuridicamente barbara e primitiva, o che dei completi inetti si sono presi il
merito della semplice applicazione di ciò che già c’è, bensì la sua ipocrita e
mirata strumentalizzazione mediatica. La nostra cronaca ci lavora di fino sulla
violenza: certo, dare queste notizie è giusto, ma è il calcare la mano, il
moltiplicarsi a valanga di notizie di cronaca - il posizionarle immediatamente
dopo quelle di politica, il metterle proprio lì…. con lo scopo di “coprire e
distrarre col truce e l’efferato” l’incapacità e lo stallo della classe
dirigente -, ad essere ancora più offensivo, penoso, quasi vile; la dimostrazione più surrettizia
e strumentale di una profonda mancanza di rispetto per chi ne è coinvolto. Non
basta solo dare una notizia, è altrettanto necessario non strumentalizzarla
ricavandone vantaggio, è fondamentale che essa non sia mezzo di distrazione di
massa sfruttandone l’effetto che si produce negli animi grazie all’efferatezza
del gesto. A tutto questo siamo talmente abituati che oramai non ci facciamo
più caso. E’ come se fossimo refrattari all’indignazione, ottusi nella sensibilità,
mostruosamente assuefatti dall’effetto, e infine schiacciati sulla superficie di
una realtà sbattutaci in faccia senza ritegno col solo scopo di stordirci. E
questo stordimento ha solo due risultati, due soluzioni possibili ed opposte: o
ci portano all’indifferenza più assoluta, “al callo a tutto”, o allo spavento
continuo, al perenne senso di insicurezza e di incertezza. Ed è qui, nel soffermarci a questi
particolari, a queste mirate e sediziose esposizioni di “carne fresca”, che
comprendiamo quanto e come questi venti anni non hanno solo imbarbarito e fatto
regredire la nostra politica, ma tutta la nostra società, la nostra
sensibilità, la nostra capacità di giudizio e di analisi. E’ un danno enorme,
tanto terrificante quanto rimosso e non considerato: spesso e volentieri ci
sentiamo dire in giro in proposito: “ma io ne sono immune, questa operazione su
me non ha sortito effetto”, senza sapere che già questa considerazione è la
prima e schiacciante prova che l’obiettivo è stato raggiunto.
Nessun commento:
Posta un commento