La crisi si sta sempre
più materializzando e Berlusconi alza la posta sul tavolo. Azzardare e bluffare
è l’unica carta che gli è rimasta e non può non giocarsi il tutto per tutto.
Solo Fede si lamenta perché non è di mazzo in questa mano. Ieri Berlusconi in
un’intervista a “Tempi” ha giocato di rimessa usando la solita solfa della
rappresentanza unita al vittimismo: “rappresento dieci milioni di elettori” –
numero che lievita sempre più non tanto misteriosamente -, “sono vittima di un
colpo di mano ingiusto e non potranno togliermi il diritto di parola, di essere
il riferimento di un partito e di continuare ad esserlo”. Surrettiziamente
dichiara anche che se dovesse esser “sfrattato” dal Senato non sarà colpa sua
ma dei suoi alleati – ora amici – e fa l’esempio pseudo-zen dei compagnucci
di pesca in barca: “se si è in due in una barca e uno butta in acqua l’altro di
chi è la colpa se il natante diventa incontrollabile?” A prescindere dalla
metafora che avrà fatto rivoltare di riflesso Jerome nella tomba bisogna dire
che se Berlusconi è un truffatore condannato in Cassazione c’è ben poco da
fare, anche se il “decadente” ha affermato che gli alleati di governo “se solo
volessero” troverebbero tante scappatoie per lui nella Costituzione, perché –
possiamo aggiungere – è stata rettificata più volte in nomine Silvio in questi
vent’anni. Brunetta stamani arricchisce il piatto giocando duro su “Radio Anch’Io”
rilanciando le insinuazioni del padrone affermando che se il governo cadrà sarà
una responsabilità esclusiva del Pd che ha già deciso la decadenza del
Cavaliere e la sua esclusione dalla vita pubblica. Insomma se Berlusconi è un
frodatore è colpa del Pd, se ha commesso dei reati fiscali, forse anche
sessuali - perché bisogna ricordare che in primo grado è stato condannato per
sfruttamento della prostituzione minorile -, è colpa del Pd. Se non c’è più
nulla da fare per “l’uomo in mare” è colpa dei nuovi amichetti del cuore. Se “quel
che resta del Pd” ha una responsabilità – di certo non leggerina – consiste nell’aver
frequentato ultimamente pessime compagnie, e si sa che una mela marcia nella
cassetta da lì a poco rovina tutte le altre. Inutili tutti i tentativi di Letta
nel cercare di imbastire pessime “pezze a colori” dal meeting di comunione e
liberazione – dove evidentemente tutto l’esecutivo è migrato per cercare un
pass spirituale da parte di un Papa che senza saper né leggere e né scrivere si
è dato alla macchia… preferisce prendere l’elenco telefonico e chiamare a casa
la gente facendosi dare del tu piuttosto che confondersi con loro -, oramai il
focolarino acquiescente ha una patata troppo bollente tra le mani e intorno si
sono tutti defilati. Ma imperterrito continua a minimizzare spalleggiato da
Napolitano.
Intanto in un
parlamento semideserto non accade più nulla. La spending review da tutti
celebrata e invocata non solo non è stata fatta, ma le spese sono aumentate:
rispetto all’anno scorso le spese di mantenimento delle istituzioni sono
aumentate da 104 milioni di euro a 110, quelle militari addirittura lievitate, solo
il Dicastero dello Sviluppo Economico devia alla difesa 2 miliardi e 182
milioni di euro belli freschi freschi e ancora caldi di conio. Se iniziamo a sentire la cavalcata della
Valchirie di Wagner due sono le possibilità: o ci apprestiamo ad occupare la
Polonia o sono la Santanché e la Biancofiore che ci citofonano per lasciarci nella buca
delle lettere la “Torre di Silvio”.
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