In Verità

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venerdì 23 agosto 2013

BERLUSCONI "UOMO IN MARE!"


La crisi si sta sempre più materializzando e Berlusconi alza la posta sul tavolo. Azzardare e bluffare è l’unica carta che gli è rimasta e non può non giocarsi il tutto per tutto. Solo Fede si lamenta perché non è di mazzo in questa mano. Ieri Berlusconi in un’intervista a “Tempi” ha giocato di rimessa usando la solita solfa della rappresentanza unita al vittimismo: “rappresento dieci milioni di elettori” – numero che lievita sempre più non tanto misteriosamente -, “sono vittima di un colpo di mano ingiusto e non potranno togliermi il diritto di parola, di essere il riferimento di un partito e di continuare ad esserlo”. Surrettiziamente dichiara anche che se dovesse esser “sfrattato” dal Senato non sarà colpa sua ma dei suoi alleati – ora amici – e fa l’esempio pseudo-zen dei compagnucci di pesca in barca: “se si è in due in una barca e uno butta in acqua l’altro di chi è la colpa se il natante diventa incontrollabile?” A prescindere dalla metafora che avrà fatto rivoltare di riflesso Jerome nella tomba bisogna dire che se Berlusconi è un truffatore condannato in Cassazione c’è ben poco da fare, anche se il “decadente” ha affermato che gli alleati di governo “se solo volessero” troverebbero tante scappatoie per lui nella Costituzione, perché – possiamo aggiungere – è stata rettificata più volte in nomine Silvio in questi vent’anni. Brunetta stamani arricchisce il piatto giocando duro su “Radio Anch’Io” rilanciando le insinuazioni del padrone affermando che se il governo cadrà sarà una responsabilità esclusiva del Pd che ha già deciso la decadenza del Cavaliere e la sua esclusione dalla vita pubblica. Insomma se Berlusconi è un frodatore è colpa del Pd, se ha commesso dei reati fiscali, forse anche sessuali - perché bisogna ricordare che in primo grado è stato condannato per sfruttamento della prostituzione minorile -, è colpa del Pd. Se non c’è più nulla da fare per “l’uomo in mare” è colpa dei nuovi amichetti del cuore. Se “quel che resta del Pd” ha una responsabilità – di certo non leggerina – consiste nell’aver frequentato ultimamente pessime compagnie, e si sa che una mela marcia nella cassetta da lì a poco rovina tutte le altre. Inutili tutti i tentativi di Letta nel cercare di imbastire pessime “pezze a colori” dal meeting di comunione e liberazione – dove evidentemente tutto l’esecutivo è migrato per cercare un pass spirituale da parte di un Papa che senza saper né leggere e né scrivere si è dato alla macchia… preferisce prendere l’elenco telefonico e chiamare a casa la gente facendosi dare del tu piuttosto che confondersi con loro -, oramai il focolarino acquiescente ha una patata troppo bollente tra le mani e intorno si sono tutti defilati. Ma imperterrito continua a minimizzare spalleggiato da Napolitano.

Intanto in un parlamento semideserto non accade più nulla. La spending review da tutti celebrata e invocata non solo non è stata fatta, ma le spese sono aumentate: rispetto all’anno scorso le spese di mantenimento delle istituzioni sono aumentate da 104 milioni di euro a 110, quelle militari addirittura lievitate, solo il Dicastero dello Sviluppo Economico devia alla difesa 2 miliardi e 182 milioni di euro belli freschi freschi e ancora caldi di conio.  Se iniziamo a sentire la cavalcata della Valchirie di Wagner due sono le possibilità: o ci apprestiamo ad occupare la Polonia o sono la Santanché e la Biancofiore  che ci citofonano per lasciarci nella buca delle lettere la “Torre di Silvio”.  

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