Francesco De Gregori
oggi ha rilasciato un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. Non
l’avesse mai fatto! Una delle icone della canzone d’autore sembra si sia
clamorosamente tuffata, oltretutto di “sua sponte”, nella caotica piscina di
fango dei media di casa nostra, riempiendo di schizzi melmosi un curriculum
poetico straordinario. Ha attaccato il Pd – e qui l’animo semplice ed ingenuo
del poeta è ancora vivo e palpabile, perché crede esista il Pd -, dichiarando
che rinuncerà al votare perché beccheggia goffamente “tra gli slow Food
strizzando un occhio ai “No Tav” per rubare qualche consenso a Grillo, e che la
sinistra oggi “è un arco cangiante che va dall'idolatria per le piste ciclabili
a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la
modernità” (cosa che messa in rima e musicata
come solo lui sa fare avrebbe venduto non poco). Che dire… è stato
fantasiosamente ovvio, come lo siamo tutti ma… con meno immaginazione. Ha
mostrato il suo disincanto, la sua stanchezza, la sua resa davanti ad un’avvilente
evidenza che deprimerebbe anche il Che. E per questo è stato criticato:
accusato dalla sinistra di ingratitudine – come se De Gregori fosse di sinistra
per esigenze di contratto discografico -, di qualunquismo spicciolo sui social
network, da blogger e giornalisti più o meno influenti, per non parlare di
malcelate insinuazioni su una parabola reazionaria del cantautore causata dall’approssimarsi
della senilità. In un modo o nell’altro tutti sono stati delusi da Francesco De
Gregori e tutti ha scontentato; anche chi in fondo ha tentato di giustificarlo
già solo in nome dell’amore incondizionato per la sua poesia. Di tutti commenti
sentiti o letti avessi sentito qualcuno che ha dichiarato: “ma il poveraccio” –
si fa per dire – “non si sente più rappresentato da nessuno, e a questo punto non
vuole più rappresentare nessuno”. Perché Francesco De Gregori dovrebbe
continuare ad essere la bandiera di gente senza idee, senza “ideologia” –
parola terrificante oggi -, di traffichini penosi e insulsi che hanno perso di
mira ogni decenza? In fondo è da un po’ che la sua musica ha rinunciato al
colore politico, il disincanto è nei testi ed è anche piuttosto evidente.
Certo, ha votato Monti alla Camera… e a questa affermazione non nego che ho
subito pensato che avrebbe dovuto rinunciare a votare già qualche mese fa… ma
credeva che il “Rigor Montis” fosse una ricetta valida; e qui gioca la sua
ricchezza, il suo aver preso congedo dalla reale situazione del Paese, perché
una cosa è esserne a conoscenza e un’altra e sentirla o viverla. Oramai De
Gregori fa parte di un empireo che ignora strutturalmente anche se sa
formalmente: è dall’altra parte di quella voragine sociale che non ha fatto che
ingigantirsi da venti anni a questa parte. Lui può tranquillamente affermare: “Succede che il mio interesse per la politica
è molto scemato. Ha presente il principio fondativo delle rivoluzioni liberali,
"no taxation without representation?". Ecco, lo rovescerei: pago le
tasse, sono felice di farlo, partecipo al gioco. Però, per favore, tassatemi
quanto volete, ma non pretendete di rappresentarmi.” Lui può permettersi di
schifare e snobbare la politica con il disincanto di chi ha dato, ha
comunicato, ma adesso… è stanco. Non chiedetegli un’opinione, un’appartenenza,
perché anche se è qualunquistico affermarlo… “sono tutti uguali” – mai vero
come adesso col governicchio delle “larghe intese”. Non è che adesso con la
paura di essere accusati di qualunquismo vogliamo negare l’evidenza dei fatti?
Sarebbe autocensura e ci mancherebbe solo questa! Questa realtà è qualunquista
e misera mettiamocelo in testa! E se la realtà politica è qualunquista sarà forse
perché è composta, commentata, gestita, violentata e sfruttata da gente
mediocre e dozzinale, incapace, avida, inetta e senza alcun senso civico e
sociale? La butto lì!...
De Gregori è un artista,
un cantautore, un poeta… ma noi siamo sempre italiani: quel popolo che è
politico anche quando è seduto sulla tazza del cesso, che pretende dalle
proprie icone – anche se si occupano di tutt’altro – la ragione, l’illumininazione – e grazie a questa
radicata mentalità malata, più retorica che pratica, più di immagini che di
contenuti, ha permesso a comici e pagliacci sessuomani di governarci!
Aspettiamo sempre il carismatico che ci guidi; ammettiamolo… noi siamo
politicamente messianici! E quando qualcuno che abbiamo eletto profeta non ci
accontenta ci restiamo “troppo male”. Francesco, non hai detto nulla che
nessuno non ripeterebbe… ma da te non ce lo aspettavamo!, come minimo dovevi
comporci un nuovo inno seduta stante col quale gloriarci di essere di sinistra
anche non facendo una mazza come sempre. Però avremmo avuto una canzone in più
da cantare… vuoi mettere? Mica cocce de noci!!???
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