Nonostante tutto la
cultura non muore. Per quanto essa non sia dotata di istinto di sopravvivenza
ha la capacità di inserirsi in interstizi minimi, fuoriuscendo dai canali
ufficiali ed istituzionali per dilagare altrove. E’ la sua fluidità, la sua
estrema – quanto densa – inafferrabilità, il suo essere disponibile e a portata
di tutti a farla resistere alla barbarie contemporanea, al fazioso imporsi
della formazione settoriale e specialistica che azzera non solo la preparazione
generale ma – di riflesso- impoverisce notevolmente anche quella specialistica.
Questo periodo storico è stato definito – per il suo arretramento culturale –
medievale; ebbene questa definizione ha almeno due pecche: la prima è che il
medioevo ha una nomea che non merita, è sopraffatto da pregiudizi tanto falsi e
tendenziosi quanto diffusi… e in seconda istanza questa fetta di storia andata
a male credo si possa definire – almeno per ciò che riguarda la cultura - come
l’esatto opposto di quella medievale. In quel periodo la cultura era ad appannaggio
di pochi: ecclesiasti, consiglieri, monaci e raramente materia di sovrani o
politici (di Federico II di Svevia ce n’è stato solo uno). Oggi invece accade
il contrario: la cultura è uno strumento accessibile ad una maggioranza che non
ha potere, mentre – au contraire - il potere è estremamente grezzo, ruvido, beh
diciamo le cose come stanno… ignorante forte! La classe dirigente, ormai radicata, ha
erroneamente ritenuto di non necessitare della cultura e l’ha tralasciata,
snobbata o, come accade in Italia, l’ha addirittura sabotata, sminuita e umiliata.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: assistiamo a scempi sintattici e
grammaticali che hanno del ridicolo, a discorsi e dichiarazioni nei migliori
dei casi mediocri, ad affermazioni e citazioni totalmente errate. Onestamente
ritengo che alcune interviste rilasciate da esseri come Bossi, Borghezio e
Berlusconi (e sono solo alla lettera “B”) dovrebbero saltare a piè pari i
telegiornali per esser trasmesse direttamente dal National Geographic Channel
perché è epocale la scoperta di una nuova specie – perlopiù antropomorfa - che
imita la voce umana… oltre il merlo indiano e il pappagallo cinerino.
Questo impoverimento
del linguaggio è solo un sintomo, il risultato più evidente e grottesco di una povertà
più profonda, cronica e drammatica; una povertà di contenuti, di etica e di
sostanza che cade a valanga dall’alto e inonda tutta la società civile. Lo scempio
culturale odierno non è un’invasione dal basso bensì dall’alto! E’ la classe
dirigente ad inquinare il corpo sociale e non viceversa. E’ un po’ come se si
fosse passati paradossalmente dal copernicano al tolemaico – e, onestamente,
sono seriamente preoccupato che ci sia qualcuno di loro davvero convinto che
sia il sole a girare intorno alla terra. Ecco un’altra rivoluzione inaspettata,
un altro paradossale scherzo della contemporaneità, dell’epoca del “tempo reale”,
della diffusione istantanea di informazioni e notizie, apparentemente dettato e
giustificato dall’esigenza di esprimere informazioni semplici e veloci, di
trasmettere messaggi essenziali, che in nome dell’efficacia temporale sacrificano
significati e contenuti - per non parlare della forma. Sotto questo aspetto il
moderno somiglia molto di più all’epoca delle dittature che al medioevo: anche
nel caso del nazismo e del fascismo i messaggi dovevano essere semplici,
efficaci, più materici che contenutistici – anche se erano molto più attenti
alla grammatica rispetto ad adesso. L’impoverimento è oramai un dato di fatto e
ha prodotto - produce e produrrà - scempi sempre più gravi, comportamenti
sempre più estremi ed esternazioni sempre più idiote, come quella del Presidente
della Regione Veneto Luca Zaia il quale ha dichiarato che è inutile spendere
soldi per “quei quattro sassi” che si trovano a Pompei. Zaia, con questa grave
affermazione, ha dimostrato non tanto un’ignoranza di superficie ma un’ignoranza
radicata, dettata da una mancanza basilare di strumenti di valutazione
culturale, di sensibilità storica. Non abbiamo bisogno di ricordare che Zaia non
è Marinetti per escludere che questa abnorme stronzata sia una sorta di provocazione
della quale – ed è questa la cosa più grave – il presidente del Veneto non è
neanche consapevole.
Bisogna dunque evitare
il “dilagare dall’alto” di questa ignoranza diffusa, che si è scoperta
strumentale quasi per caso, utile per massificare il corpo sociale, un
tentativo di livellamento che può esser trasmesso solo per imitazione, che fa
passare solo questo messaggio: “se volete esser potenti come noi, apparire ed
esser noti come noi, se volete esser la prossima classe dirigente, imparate
disimparando ad “essere” come noi.
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