In Verità

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domenica 19 maggio 2013

SANT' HOLLANDE?



Giovedì scorso davanti a quattrocento giornalisti il presidente francese François Hollande stila il bilancio del primo anno di governo. Un anno difficile che vede – nonostante le speciali proroghe europee concesse all’Eliseo sul debito pubblico – avvicinarsi il rischio di default. Senza stupire tutti – forse solo i tedeschi - Hollande auspica in quattro punti il realizzarsi completo dell’unione politica dell’Europa entro il 2015. Insomma Hollande si ricorda  (chissà perché proprio adesso ) di essere un socialista di stampo europeista e prevede innanzi tutto l’elezione di un presidente unico europeo, un fisco comune, lo stanziamento immediato – e non nel 2014 – di 6 miliardi di euro per l’occupazione, una politica energetica, un bilancio e un debito unico.
Bisogna dire subito che un francese quando ha velleità e aspirazioni sovranazionali queste ultime si possono spiegare solo in due modi: o è in difficoltà e teme la catastrofe o… è Napoleone. Escludendo la seconda ipotesi Hollande ha intuito – meglio tardi che mai – che l’Europa non esiste e in extremis vuole salvare capre e cavoli. Questo progetto del presidente francese ha trovato subito l’appoggio dei paesi con debiti maggiori, tra cui ovviamente l’Italia – anche se Letta può al massimo simpatizzare, perché troppo impegnato a dirigere quell’istituto di cura che si ostina a chiamare governo, frequentato da personaggi grotteschi i cui interessi personali e di parte li alienano da qualsiasi argomento serio e degno di attenzione, figuriamoci il futuro e la stabilità di 300 milioni di persone.
Tre sono i grandi ostacoli di questa proposta: il primo è la Germania, che dal debito dei paesi della Ue trae enormi profitti, crescita su base speculativa e prestigio internazionale. Il Regno Unito che cerca solo un pretesto per allontanarsi definitivamente da qualsivoglia progetto unitario, ed infine il ritardo storico che rende questa iniziativa francese bella ma improponibile quanto anacronistica in questo momento… visti gli interessi economici in gioco. Detto in talleri: se questo non si è realizzato quando l’idea di Europa era ancora ottimistica e piena di prospettive, assurdo farlo adesso quando  il governo europeo è diventato un carrozzone burocratico, dispensatore di direttive folli, una macchina impazzita ed ingovernabile che brucia soldi per imbastir improbabili pezze su voragini acquistando la propria moneta a tassi altissimi da istituti di credito privati.   
Ed è qui  che entra in gioco il nazionalismo francese, solo in apparenza in modo surrettizio:  Hollande lancia la sua proposta, che di certo ha fatto innervosire la Merkel, a ridosso delle prossime elezioni tedesche del 22 settembre, e sappiamo che la cancelliera non se la cava tanto bene sul fronte interno – infatti non solo dovrà vedersela con Rainer Brüderle del FPD e Peer Steinbrück (SPD), ma anche col partito antieuropeista di Bernd Lucke che secondo le previsioni può toccare punte di consenso del 20%. Quindi, con ogni probabilità, la monolitica Germania uscirà indebolita e sbilanciata dalle prossimi elezioni federali, occasione ghiottissima - per tentare un avvicendamento e un sorpasso come paese guida del continente- per la seconda nazione più forte d’Europa, la quale conta su risorse interne valide e una politica energetica più solida e indipendente.
La Francia, quindi, gioca di rimessa, valutando e utilizzando i punti deboli della sua unica competitor  in campo europeo, sfruttando oltretutto l’antipatia generale che i teutonici si sono “facilmente” guadagnati in questi anni. E se la cosa dovesse riuscire il governo dell’ Eliseo apparirebbe anche come un’alternativa di respiro contro la severa austerità dettata e imposta dalla Merkel. Insomma persino la Francia sembra più simpatica dei Germania, e questo è l’unico dato di fatto. 

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