Piovono perle di addii dell’ultima rena del deserto lontano. Le cosce delle ballerine sudano affannate dal rimpianto precoce dell’estate appena finita. Il tempo di amare una stagione e già muore questa giovane colonna spezzata. Letargo dell’umore, sarcasmo dell’anima e una rumba agita il mio bicchiere. È una guerra di nervi stanchi questa morte quieta dell’estate! Ed io vengo da te invadente con un fascio intrecciato di rose e parole. Qui ci sono ancora pance al vento sotto uno sbocciar di ombrelli e oramai tramontano ondeggiando gli ultimi culi attillati… qualcuno mi sorride tra un aggiustar calcolato di ciocche di capelli e uno sguardo compiaciuto e malizioso. Non ho appese al cuore promesse, ma, come ho sempre temuto, resta un vuoto col tuo nome da riempire di silenzi e miele, e non può che scorrer lento sulle pareti di specchi che si prendono gioco della mia tristezza mostrandomi solo il mio volto. Ho la tra le mie mani vere la tua inconsistenza. Nascondi i miei segreti in questo cielo turchese di settembre e più questo gitano si alza e più voli lontano. Giocare con le parole e a fatica non conservo questi biglietti lasciati all’aria per non farne una preghiera parte. Passeggio, migro coi pensieri e m’inchino ironico davanti al Re Autunno. Non ti sfuggo donna senza un volto perché libertà sarebbe esser tuo prigioniero. Ginocchia lisce mi trotterellano intorno in un sottofondo fumoso di pelle d’oca, il freddo è arrivato troppo presto, ha lasciato le schiene nude sotto la pioggia e mille labbra tremano come di passione. Tacchi dodici incerti nelle pozzanghere limpide di fango… e la strafiga ha preso una storta! La sua cavigliera ha singhiozzato tra l’acciaio e la pelle e mi guarda quasi per chiedermi scusa. Il suo tatuaggio a forma di angelo sulla spalla chiede asilo ai miei occhi: carcere di inchiostro e phard, fantasiosi ombretti a far da soccorso alla bellezza. Ma io vedo solo le rondini volar basse, le lascio accarezzar un cielo viola e nuvole enormi. Pigro ti penso e ho già fretta a chieder aiuto all’indifferenza del bicchiere per non pretender troppo. Parte il mambo e ammazza le incerte speranze con un sottile delirio di note, quanti nomi inaspettati ha il salvataggio dalle fantasie impossibili… Più tardi giocherò a dadi con la notte, se perdo vincerà la stanchezza e correrò il rischio di sognarti… ma non posso. Troppi esili di lame e palpiti ha sopportato quest’anima, ma tu conserva sempre i segreti che ti ho sussurrato nelle orecchie, anche lì le mie labbra erano vicino – tanto vicino - alla tua bocca nella notte e non ti hanno sfiorata, non farò mai più questo errore.
In Verità

domenica 18 novembre 2012
LA MILONGA DELL'IMPOSSIBILE A.D.2008
Piovono perle di addii dell’ultima rena del deserto lontano. Le cosce delle ballerine sudano affannate dal rimpianto precoce dell’estate appena finita. Il tempo di amare una stagione e già muore questa giovane colonna spezzata. Letargo dell’umore, sarcasmo dell’anima e una rumba agita il mio bicchiere. È una guerra di nervi stanchi questa morte quieta dell’estate! Ed io vengo da te invadente con un fascio intrecciato di rose e parole. Qui ci sono ancora pance al vento sotto uno sbocciar di ombrelli e oramai tramontano ondeggiando gli ultimi culi attillati… qualcuno mi sorride tra un aggiustar calcolato di ciocche di capelli e uno sguardo compiaciuto e malizioso. Non ho appese al cuore promesse, ma, come ho sempre temuto, resta un vuoto col tuo nome da riempire di silenzi e miele, e non può che scorrer lento sulle pareti di specchi che si prendono gioco della mia tristezza mostrandomi solo il mio volto. Ho la tra le mie mani vere la tua inconsistenza. Nascondi i miei segreti in questo cielo turchese di settembre e più questo gitano si alza e più voli lontano. Giocare con le parole e a fatica non conservo questi biglietti lasciati all’aria per non farne una preghiera parte. Passeggio, migro coi pensieri e m’inchino ironico davanti al Re Autunno. Non ti sfuggo donna senza un volto perché libertà sarebbe esser tuo prigioniero. Ginocchia lisce mi trotterellano intorno in un sottofondo fumoso di pelle d’oca, il freddo è arrivato troppo presto, ha lasciato le schiene nude sotto la pioggia e mille labbra tremano come di passione. Tacchi dodici incerti nelle pozzanghere limpide di fango… e la strafiga ha preso una storta! La sua cavigliera ha singhiozzato tra l’acciaio e la pelle e mi guarda quasi per chiedermi scusa. Il suo tatuaggio a forma di angelo sulla spalla chiede asilo ai miei occhi: carcere di inchiostro e phard, fantasiosi ombretti a far da soccorso alla bellezza. Ma io vedo solo le rondini volar basse, le lascio accarezzar un cielo viola e nuvole enormi. Pigro ti penso e ho già fretta a chieder aiuto all’indifferenza del bicchiere per non pretender troppo. Parte il mambo e ammazza le incerte speranze con un sottile delirio di note, quanti nomi inaspettati ha il salvataggio dalle fantasie impossibili… Più tardi giocherò a dadi con la notte, se perdo vincerà la stanchezza e correrò il rischio di sognarti… ma non posso. Troppi esili di lame e palpiti ha sopportato quest’anima, ma tu conserva sempre i segreti che ti ho sussurrato nelle orecchie, anche lì le mie labbra erano vicino – tanto vicino - alla tua bocca nella notte e non ti hanno sfiorata, non farò mai più questo errore.
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