“Quanto deve essere
grande il cimitero della mia isola?”, chiede all’Italia e all’Europa il sindaco
di Lampedusa Giusi Nicolini. Questa tragedia ci ha improvvisamente denudati mettendo
in mostra le nostre più ascose ipocrisie. Siamo stati invasi da una sensazione
inaspettata, da un sentimento che unisce in blocco una miriade di sensazioni:
dall’orrore alla vergogna, dal dolore all’imbarazzo, dalla partecipazione alla
necessità immediata di trovare alibi e motivazioni per distribuire celermente,
e in modo equo, responsabilità e invettive. Intimamente spiazzate le
nostre coscienze si sono sentite come colte
in flagranza, scoperte sul fatto mentre esercitavano il silenzioso e
rassicurante reato dell’indifferenza. Mentre il numero dei morti saliva
vertiginosamente, e le immagini dei soccorritori sconvolti e in lacrime si
avvicendavano sugli schermi, quell’isola, sino a quel momento tenuta ben
distante dal nostro quotidiano si avvicinava sempre di più: quella traccia di terra al centro del
Mediterraneo – più Africa che Italia – iniziava ad ingombrare in modo urtante
le nostre vite e, ad un tratto, quel puntino sulle carte geografiche è
diventata di un’ enormità raggelante e spaventosa, più grande dell’Italia e
dell’Europa, più grande di tutto.
I messaggi di Cordoglio
e di indignazione sono arrivati puntualissimi, nessuno è mancato. Bisogna dire
che tutti si sono spesi egregiamente: dalle più alte cariche nazionali e continentali
sino agli esponenti del governo non v’è stata alcuna personalità di spicco che
abbia mostrato parsimonia verso questa tragedia dal venefico sapore d’ecatombe.
Ci saranno interrogazioni parlamentari, relazioni dettagliatissime sul caso e
annunci di provvedimenti urgenti, non mancheranno visite sul luogo del disastro,
sempre che non piova e per un mese - forse meno - tutti si agiteranno contriti
e con lo sguardo basso nel parlare dell’accaduto fingendo di darsi da fare
finché la notizia non passerà in seconda pagina.
Il vero problema è che
questa “onta” è perenne, il dramma è costante ed inarrestabile da vent’anni.
Dal 1988 ad oggi 3 ottobre 2013 il numero dei decessi in mare di migranti è di
circa 14.150 e leggi del nostro paese e a riguardo, a partire dalla vergognosa
Bossi-Fini, sono considerate da
organizzazioni sulla tutela dei diritti umani come Amnesty International degli
inaccettabili scempi.
Prima dell’alba del 3
ottobre un barcone diretto a Lampedusa che trasportava circa 500 persone al largo
dell’isola dei Conigli si ferma. Il motore è in panne e tutto intorno è buio.
Il natante inizia a imbarcare acqua e si sente odore di carburante. Gli
scafisti, prima di lasciare a loro stessi i migranti, forse avranno tentato un
paio di volte di riavviare il motore peggiorando le cose; ma non si sono
sprecati più di tanto… erano già stati pagati. Il relitto inizia ad affondare
velocemente… ci sono troppe persone stipate a bordo come animali: uomini, donne
e bambini. Inizia a salire il panico. Le urla di spavento si accavallano e le
richieste di aiuto vanno in tutte le direzioni perché intorno è sempre notte e
non si riesce a capire dove possa essere la terraferma. Qualcuno allora pensa
di attirare l’attenzione dei pescherecci in zona dando fuoco a qualcosa, forse delle
coperte! I pescherecci notano probabilmente qualcosa ma non possono intervenire,
perché per la Bossi-Fini se aiuti e assisti dei clandestini senza permesso di
soggiorno in mare aperto sei perseguibile penalmente, e molti sono stati
denunciati e condannati in passato per aver prestato soccorso. Le coperte
bruciano velocemente e, nonostante la puzza di nafta, non c’è il tempo per rendersi
conto che dalla sentina emergono carburante e oli che hanno intriso tutto. Forse una scintilla, un
tragico contatto del fuoco appiccato con il carburante innesca un incendio a
bordo e… .
Nella tarda mattina del
3 ottobre 2013, nei pressi dell’Isola dei Conigli, a sole 0,6 miglia dalla
costa, un Atr42 della Guardia Costiera individua un relitto naufragato, si vede
emergere soltanto una piccola parte dello scafo, la barca prima di affondare si
è capovolta e si vedono i segni di un incendio a bordo. Sono stati ritrovati sino ad ora 120 corpi e altre 230 persone risultano disperse in mare. Nel pomeriggio il ministro degli interni
Alfano va a Lampedusa, perché “bisogna
mostrare la vicinanza delle istituzioni in questi tragici frangenti”, e il
presidente del consiglio Enrico Letta telefona personalmente al Sindaco
dell’isola Giusi Nicolini per ringraziarla personalmente “per quanto fatto e stanno facendo” in questo momento così tragico.
Intanto aspettiamo la risposta: “Quanto deve essere grande il cimitero della
mia isola?”
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