Possiamo sintetizzare
l’incontro di Berlusconi tenutosi ieri con i suoi gruppi parlamentari in questo
modo: “Dimettetevi perché lo dico io! L’esperienza di governo è finita! E adesso
che tutti i dubbi e le divisioni “le ho superate” potete andare. Ah, fate il
richiamo a Cicchitto perché mostra - alzando la mano - fastidiosi cenni di
S.P.I. (Sindrome da pensiero indipendente).”
Silvio è oramai alla
frutta, ma non può dirsi pienamente soddisfatto se non porta con sé nel baratro
tutto quello che incrocia: i suoi parlamentari, i suoi ministri, Letta e
Napolitano e di conseguenza - ma solo squisitamente accidentale - tutto il
paese. Da appassionato di fantascienza
vorrei divertirmi ad immaginare come sarebbe stato questo epilogo senza il
“preziosissimo” Governo di Larghe Intese:
la cassazione condanna Berlusconi in via definitiva per frode fiscale:
Silvio e i suoi parlamentari gridano al giustizialismo e alla persecuzione; la
Santanché e la Biancofiore incitano alla sommossa, Brunetta porta
orgogliosamente la bandiera a due mani – rigorosamente sottratta da un Bellini
cocktail - e, a gentile richiesta, Apicella e Bondi compongono una marcia
rivoluzionaria. A questo punto Silvio in un viedomessaggio chiede a tutti di
scendere in piazza davanti al palazzaccio della Cassazione e, infine, durante
una bella giornata di sole, 80 parlamentari, 23 effettivi dell’esercito di
Silvio e 150 pensionati – con colazione a sacco e gita a carico del rivoluzionario
– rumoreggiano per un paio d’ore prima che un autoctono gridi: “A fraté…
grattachecca generale da Sora Mirella a Trastevere?”
E’ Vero, la trama non è
eccezionale. Mancano pathos ed effetti speciali, non ha picchi di drammaticità
né colpi di scena al cardiopalma. E’ una storia piatta come la Santanché prima che
si mettesse in testa di voler diventare un canotto, asciutta come Sallusti
quando dorme di giorno nel suo sarcofago, ma almeno ci saremmo risparmiati il
trito e ritrito copione del vecchio dittatore al tramonto che risucchia con il
bidone aspiratutto sangue ed energia vitale dai suoi simili per restare in
vita!
Ma le cose non sono
andate così; il dittatore è ancora a piede libero e si aggrappa a qualsiasi
cosa per salvarsi! Lo ha potuto fare perché tutti lo hanno aiutato e sostenuto;
gli amici, i finti nemici, quelli in ordine alfabetico sul suo libro paga, i
suoi sostenitori e suoi oppositori. Tutti, indistintamente, gli hanno permesso
di governare ancora una volta: così un pregiudicato ha potuto piazzare
strategicamente i suoi galoppini… che come bombe ad orologeria sono esplosi al
suo comando. E adesso tutti si lamentano, tutti sembrano stupiti dal suo folle
comportamento, cadono dalle nuvole: Napolitano che lo conosce almeno da vent’anni
si dice offeso, indignato e deluso e Letta che, per motivi parentali, se lo
sarà visto in casa da sempre solo adesso lo definisce bandito e
“rivoltafrittate”. I due “inventori”
delle Larghe Intese potevano anche informarsi in giro, bastava fare a chiunque
una semplice domanda: secondo voi Berlusconi è uno che messo alle strette
sarebbe capace di inchiappettarsi anche Dudù? E così ci saremmo risparmiati
l’ennesima pantomima tragica.
Tutto questo ha un solo
terrificante finale: la morte della politica di questo paese! Uccisa da un morbo
tanto repellente quanto endemico e trasversale. Un’ infezione che prima di far strage
ha reso tutti uguali tra loro, nessuno sarebbe più in grado di distinguerli! Prima
di estinguersi tutti gli infetti hanno un solo volto incolore, con la stessa smorfia
spaventosa e ridicola sulla faccia. Ogni tanto galvanicamente questi manichini strapagati
sembrano muoversi, ma è solo un riflesso, uno sconvolgimento che assesta telluricamente
le loro interiora compromesse e agonizzanti, ma oramai tutti, nel loro essere spaventosamente
identici, non hanno più vita.
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