In Verità

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lunedì 1 luglio 2013

TITOLI E MENTI TOSSICHE


La frase “titoli tossici” è oramai un must del vocabolario della cronaca finanziaria; dal 2008 è una efficace immagine per indicare l’invasione endemica di qualcosa che inquina e infetta ciò che è “sano”. Le cose non stanno esattamente così: quelli che vennero chiamati “titoli tossici” non erano “elementi estranei, “brutti, sporchi e cattivi”,  ma titoli azionari dal valore incerto, frutto di una speculazione selvaggia e non tutelata. In origine queste malefiche azioni vendute dalle banche erano un affare: titoli a basso costo, non garantiti né assicurati, coperti perlopiù dalla concessione indiscriminata di mutui e prestiti. Si davano soldi a tutti e senza garanzie, prestiti specialmente indirizzati al mercato immobiliare: bisogna dire che inizialmente la banca non era il principale attore, bensì venivano create ad hoc delle società quotate che, comprando pacchetti di titoli,  concedevano prestiti e mutui con estrema facilità, anche a soggetti non affidabili – soggetti che col tempo non sono più stati in grado di onorare il debito contratto. Le società servivano appunto ad ammortizzare le responsabilità delle banche: infatti se vi fosse stata un’inadempienza la responsabilità non sarebbe ricaduta sull’istituto di credito che concedeva il pacchetto ma sulla società finanziaria che lo vendeva al pubblico.  Con questo meccanismo nel caso in cui vi fosse stato un crollo di azioni la colpa sarebbe stata solo di due soggetti: chi acquistava il titolo e chi lo offriva al pubblico – le società finanziarie e i loro acquirenti -, non di chi lo aveva creato (l’istituto di credito all’origine del titolo).
Avevano trovato la gallina dalle uova d’oro! I soldi si facevano facilmente: si concedevano prestiti  con grande elasticità a tassi di interesse convenienti sia per chi elargiva e sia per vi chi accedeva. Insomma era una affare in apparenza inesauribile. Le banche vedendo che il mercato sembrava inarrestabile iniziarono a garantire – tramite questi titoli – persino liquidità che non possedevano – perché si sa che il credito è basato soprattutto sulla fiducia. Quindi bastava  emettere titoli solo “nominalmente” efficaci,  dal valore puramente virtuale e non effettivo, titoli sopravvalutati, una pura speculazione che è andata avanti per anni radicandosi in tutto il mercato azionario. Ma ad un tratto il mercato immobiliare  cala, la crisi del lavoro e la scarso potere di acquisto marciano contro questa speculazione. A questo punto il mercato inizia a tutelarsi e tira i remi in barca: i titoli “tossici” – ma fino a quel momento ossigeno puro - iniziarono a crollare perdendo sempre più valore, sino a diventare “invendibili”; nessuno più voleva comprarli D’improvviso tutte le società quotate si ricordarono che questi titoli in realtà non valevano niente, che la loro quota è fittizia, e per correre ai ripari paralizzarono di fatto la contrattazione, perché queste azioni invendibili se le ritrovavano dappertutto, qualunque contrattazione ne conteneva. La ricaduta di questa presa di coscienza finanziaria fu tremenda: c’erano oramai centinaia di miliardi di dollari in titoli che nessuno voleva, gli istituti bancari che li emisero si ritrovarono con scoperti incolmabili, i correntisti corsero agli sportelli per prelevare i loro soldi, il mercato si fermò dopo aver preso coscienza di essere un gigante dai piedi di argilla che iniziava a mangiarsi da solo bruciando miliardi di dollari al giorno nel vano tentativo di riparare a ciò che egli stesso aveva creato. La quarta banca statunitense, la Lehman & brothers, si ritrovò con un passivo di 615 miliardi di dollari – cifra astronomica che nessuna società al mondo o banca avrebbero potuto coprire - perché per anni aveva concesso mutui senza alcuna forma di garanzia e senza alcuna assicurazione (cosa che è legale), e fu  costretta a dichiarare fallimento. Una banca considerata troppo potente per fallire chiude da un giorno all’altro e rischia di far cadere a catena tutta la finanza americana e mondiale. E il panico non aiuta a far soldi.
Il mercato finanziario mostrò di essere un illusionista mediocre che con un passo falso svela miseramente il trucco. C’è da dire che questo mago da circo aveva anche ottime aiutanti: infatti Moody's e Standard & Poor's, le stesse agenzie di rating che ora fanno il bello e il cattivo tempo, che decidono chi muore e chi è salvo, chi è affidabile finanziariamente e chi no, coprirono e promossero la diffusione di questi titoli fittizi per anni senza batter ciglio.
Tutto sfumò in pochi giorni, un intero sistema speculativo crollò e uscì allo scoperto perché ci fu una preoccupante flessione in un solo settore finanziario, quello immobiliare. In pratica è come se l’elefante fosse morto di sincope da spavento alla vista di un piccolo topolino.
I titoli tossici erano dunque un prodotto interno al sistema, qualcosa che il sistema stesso aveva generato per garantire credito virtuale in vista di reddito facile, e non degli elementi esterni e virali che hanno ammalato la finanza. E  tutto questo con il benestare degli organismi di controllo finanziari, delle sovranità nazionali (che poi sono dovute intervenire e tutt’ora intervengono inutilmente a spese dei cittadini per arginare un pozzo senza fine) e il tutto  in modo legale. Infatti nessuno può garantire che questo non riaccadrà, non ci sono strumenti legali o finanziari che possano impedire alle menti tossiche che hanno generato questo sistema  di riproporlo, altrimenti il cosiddetto “libero mercato” non sarebbe realmente libero, ma soffocato “ingiustamente” da leggi “antidemocratiche” che minerebbero il sacrosanto diritto alla speculazione finanziaria.
Queste menti tossiche ancora sono a piede libero, alcune sono anche più ricche di prima, con società ancora più estese e poco controllabili.
Per evitare che la fine della Lehman si estendesse a tutto il capitalismo americano ben nove istituti di credito ottennero sovvenzionamenti pubblici (cosa non prevista dalla legge), per immettere nuova liquidità nel mercato; ma solo una parte minima di questi soldi venne utilizzata per concedere prestiti e per riavviare il mercato reale, la maggior parte servì a “ingrandire le società”, per aumentare i loro capitali, per mettere di nuovo all’ingrasso il gigante dai piedi d’argilla.

  

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