In Verità

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giovedì 17 ottobre 2013

PECCATO, PIERGIORGIO ODIFREDDI MI ERA SIMPATICO.


Visto che la “certezza matematica” non è semplicemente in un “modo di dire” mi vedo costretto a premettere che non posso di “certo” dimostrare che il Piergiorgio Odifreddi che sciorina opinioni sul web corrisponda esattamente al Piergiorgio Odifreddi intellettuale, né arbitrariamente stabilire – senza alcun dato oggettivo in mio possesso – che il post intitolato “Stabilire la verità storica per legge”  sia stato scritto da un fedelissimo del matematico sotto l’effetto di qualche potente fungo allucinogeno.

L’articolo parte bene, sin dal titolo, ma nel suo evolversi tende a tradire inaspettatamente – visto l’autorevolissimo retaggio dell’autore - un presupposto fondamentale della logica: il principio di non contraddizione. Odifreddi, a proposito del caso Priebke sostiene giustamente che è piuttosto paradossale notare come l’Italia abbia accettato pacificamente – si fa per dire – di ospitare per anni il longevo gerarca nazista quando era in vita, mentre adesso tutti si stracciano le vesti scandalizzati  per la sua sepoltura. In fondo il criminale nazista  - passato di certo a peggior vita – in questo momento è solo un mucchietto d’ossa inanimato destinato a decomporsi e a dissolversi. Anche se Odifreddi sa bene che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, quindi un giorno esisteranno tracce non necessariamente organiche e “diversamente evolute” di Priebke -così come di Gandhi- in qualche punto imprecisato dell’universo, sia che egli venga sepolto nel giardino sotto casa o spedito nello spazio con un vecchio “V2 potenziato a dovere.” Insomma,  Odifreddi ci ricorda che ora Priebke è una “cosa”! Un insieme di organi, ossa e frattaglie varie non funzionanti e in dismissione e, peraltro, per nulla piacevoli alla vista;  ed è dunque inutile disquisire a questo punto su dove e come questa “cosa” verrà seppellita.  Si potrebbe obiettare sul fatto che mentre il vivente e “animato” Priebke - come tutti noi - era solo di passaggio – anche se ci ha messo un bel po’ a rompersi definitivamente, ma si sa che le “cose” tedesche sono affidabili e durature -, invece l’ “oggetto rotto” Priebke da tumulare, casomai con una bella lapide che ne ricordi le gesta  nonché lo smisurato affetto dei suoi cari e di qualche manipolo di esaltati neonazisti, resterebbe in bella mostra a “quasi imperitura memoria”.
Purtroppo l’asettico e razionalissimo Odifreddi ha omesso di valutare che simbolico appartiene all’umano almeno quanto la logica e il rigore scientifico; anzi, Odifreddi stesso, nel momento in cui erge il razionalismo estremo e il metodo matematico a “stile di pensiero” compie un atto simbolico: non solo interpreta il mondo attraverso le sue “esclusive”, quanto legittime, scelte intellettuali ma addirittura ci imbastisce sopra un’etica. Odifreddi nel suo razionalismo non è diverso da un religioso: fa di un metodo una verità, di una scelta un dogma. Persino la certezza attraverso la quale esprime il primato intellettuale del “dubbio” sulle vicissitudini e gli accadimenti dell’umano che spesso e volentieri “cadono fuori” dalla logica è di per sé un postulato, paradossalmente una certezza.  Se Epimenide – cretese che non amava farsi i fatti suoi – ci rivelò che tutti i cretesi erano bugiardi, una cosa è “certa” e assodata: non sapremo mai se lo sport nazionale dei cretesi consisteva nello sparar cazzate!

Il dubbio dunque è alla base delle considerazioni storiche sulla Shoah che Odifreddi esprime nei commenti al post. Riconoscendo di non essere uno storico tiene a sottolineare che quello che noi tutti sappiamo sulla “Soluzione Finale” è filtrato dalla propaganda alleata, e siccome, come ricorda Benjamin - filosofo ebreo morto suicida per non cadere nelle mani dei nazisti – la storia la scrive chi vince, non sapremo mai l’assoluta verità sullo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento. Lo stesso processo di Norimberga non è affidabile – precisa il luminare -, era un tribunale militare messo su dai vincitori e non possiamo dunque considerarlo una fonte del tutto affidabile.  

E’ vero… come contraddire il matematico? Ha ragione! Lui non è uno storico! Già è un pozzo di scienza, mica può fare tutto lui? Dategli un minimo di requie.
A voler essere proprio precisi il processo di Norimberga non è l’unica fonte sulla soluzione finale, e neanche la più esaustiva. Ma restando sull’argomento basterebbero le deposizioni registrate di Rudolf Höss, primo comandante di  Auschwitz, il quale con una freddezza e una pacatezza inumane – si comportava come una “cosa” insomma - descrisse sin nei minimi particolari il processo di “eliminazione” dei prigionieri del suo campo di concentramento. Ma non si fermò a questo, per niente! Höss spiegò, non senza mostrare un sottile compiacimento, come riuscì a velocizzare  il processo di “liquidazione” dei detenuti, passando dall’ossido di carbonio prodotto dai gas di scarico delle camionette – opportunamente incanalato con tubazioni nelle camere a gas-, sostituendolo con l’acido cianidrico (Zyklon B). Come poteva la “Cosa”  Höss non andarne orgoglioso? Aveva aumentato la “produzione” della sua fabbrica risparmiando benzina! Anche l’industriale Oswald Pohl – che produceva negli stabilimenti Farben l’acido cianidrico – durante la sua deposizione al processo di Norimberga espresse la sua inumana soddisfazione affermando di essere stato non solo utile alla causa, ma di averci guadagnato. Ma il dubbio rimane per il “logico” Odifreddi! Höss e Pohl (come tanti altri) possono aver dichiarato il falso! Possono esser stati pressati e costretti dalla propaganda alleata! Certo, come no! Due uomini, solo per compiacere il vincitore, iniziano a dichiarare seraficamente di aver contribuito a sterminare milioni di persone, assumendosi la responsabilità – come meri esecutori o funzionari – di uno sterminio per poi esser giustiziati. Chi non lo farebbe? Infatti i revisionisti credono che il dialogo tra i vincitori e gli imputati di Norimberga sia andato più o meno così:  “Noi alleati ti giustiziamo comunque perché noi abbiamo vinto e tu hai perso; ma ci fai una cortesia prima di essere impiccato caro? Dichiari di aver sterminato nei campi di concentramento milioni di persone? Sai com’è... così noi non solo saremo i vincitori ma sembreremo agli occhi della storia i “buoni”.”  E’ "logico" Odifreddi! E’ andata certamente così; in fondo chi tra noi, al posto degli sconfitti, non accetterebbe di buon grado tale compromesso?  

Caro Odifreddi, non so se stiamo scherzando o facciamo semplice sfoggio di garantismo storico spicciolo, garantismo che può sfociare nel più bieco “revisionismo”! Non esistono solo le dichiarazioni dei nazisti inquisiti in proposito, né solo lettere e documenti degli esecutori, come quello della famosa riunione di Wannsee dove fu pianificata “matematicamente” – certo non basata sul nobile calcolo teorico ma quello meramente ragionieristico - la “Soluzione Finale” degli ebrei in Europa, ma esistono i sopravvissuti. Esistono “soprattutto” uomini e donne che ci hanno raccontato quello che hanno vissuto. Molti di loro ora non ci sono più; adesso – come dice lei – sono delle “cose” inanimate, ma quando erano “animate” non si sono mai stancate di dare testimonianza di uno sterminio, di un evento che ci tocca nella parte più oscura non solo della nostra storia, ma delle nostre stesse coscienze. Posso comprendere che può sembrare tanto inconcepibile quanto difficilmente accettabile che l’umano sia stato in grado di realizzare l’industria seriale dello sterminio, l’acme più atroce della catena di montaggio, ma è successo, e questo è un dato di fatto. E bisogna tenerlo a mente come un dato di fatto ineluttabile; perché una memoria viva su ciò che come uomini siamo capaci di compiere e realizzare fa da argine alla possibilità che tutto questo possa riaccadere. E mi creda, mai come in questo momento dovremmo avere “fame” di questa “memoria”, ne abbiamo un bisogno vitale! Proprio in questo periodo, caro Odifreddi, la Memoria della Shoah ci serve come l’aria che respiriamo e neanche quella ultimamente non è tanto buona!   


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